Il nuovo nemico di Ben Gvir: gli attivisti occidentali

Dai palestinesi agli occidentali: l’estremismo israeliano trasforma ogni dissenso in terrorismo

Itamar Ben Gvir

La scena filmata nel porto di Ashdod, diffusa orgogliosamente dal ministro della Sicurezza nazionale israeliano Itamar Ben Gvir, non è un episodio marginale ma un passaggio politico significativo. Non si tratta soltanto di propaganda: è un tassello di una strategia che spinge Israele su un terreno pericoloso, in cui lo Stato di diritto viene sacrificato sull’altare della retorica securitaria e della manipolazione dell’opinione pubblica.

Nella notte successiva a Yom Kippur, Ben Gvir ha trasformato la detenzione dei membri della Global Sumud Flotilla in uno spettacolo mediatico. Circa 450 attivisti, provenienti in gran parte dall’Occidente, sono stati fatti inginocchiare, ammanettati con fascette, costretti a sedere in file ordinate come in una parodia disciplinare. Su di loro si è abbattuta l’arringa del ministro: nessun aiuto umanitario, solo sostegno al terrorismo, alcol e droghe per coprire un’operazione mediatica. A rinforzo, la polizia israeliana ha diffuso un altro video dalle stive sequestrate, sostenendo l’assenza di beni di soccorso.

L’operazione comunicativa è evidente: delegittimare non solo la flottilla, ma l’idea stessa di solidarietà internazionale verso Gaza. Invece di un confronto legale o politico, si preferisce la demonizzazione istantanea, resa virale attraverso i social. Un metodo che trasforma il linguaggio del potere in slogan di odio, e i detenuti in comparse di una messa in scena.

È qui che si misura il salto di qualità. Per decenni, le pratiche arbitrarie nei confronti dei palestinesi hanno trovato copertura nel silenzio o nell’indifferenza della comunità internazionale. Oggi, quelle stesse pratiche vengono applicate a cittadini occidentali. Ben Gvir, in questo, non fa che proseguire la propria linea: portare all’estremo la retorica dell’assedio permanente, trasformare ogni critica o atto di disobbedienza civile in terrorismo, annullare qualsiasi distinzione tra solidarietà e militanza armata.

Il messaggio è duplice. Verso l’interno, si offre al pubblico israeliano più radicalizzato l’immagine di un ministro forte, inflessibile, capace di umiliare “i nemici” anche quando provengono da capitali europee o americane. Verso l’esterno, si lancia un avvertimento: chiunque osi avvicinarsi a Gaza, chiunque provi a testimoniare, sarà trattato come un terrorista. Non più come osservatore critico o attivista politico, ma come un pericolo per la sicurezza nazionale.

Le parole del team legale di Adalah, che ha assistito gli arrestati, non possono essere liquidate come marginali. L’organizzazione parla di condizioni di detenzione “non degne di un Paese democratico” e sottolinea la continuità con gli abusi inflitti ai palestinesi. È proprio questo il nodo: l’erosione progressiva di quelle garanzie minime che separano la democrazia dallo stato di polizia.

Ciò che Ben Gvir ha messo in scena non è solo un video propagandistico: è la rappresentazione plastica di un progetto politico. Un progetto che mira a normalizzare l’idea che il dissenso, qualunque forma assuma, sia una minaccia esistenziale. La demonizzazione degli occidentali arrestati serve a dimostrare che nessuno è escluso da questa logica. Non più soltanto i palestinesi, ma chiunque provi a schierarsi con loro o a testimoniare la loro condizione.

L’Occidente, finora, ha tollerato e spesso giustificato le pratiche israeliane, minimizzando gli abusi. Ora, di fronte all’umiliazione dei propri cittadini, sarà costretto a guardarsi allo specchio. La domanda è semplice: fino a che punto si può accettare che un governo democratico utilizzi metodi di propaganda che criminalizzano arbitrariamente e calpestano diritti fondamentali?

Il video diffuso da Ben Gvir resterà come una macchia. Non soltanto sulla reputazione di un ministro estremista, ma sull’immagine di Israele come democrazia. Perché la forza di uno Stato non si misura nella capacità di umiliare i deboli, ma nella capacità di garantire diritti anche ai propri avversari.