Due (indegne) parole su Houellebecq

Michel Houellebecq compie sessantacinque anni e saperlo ancora li è una delle cose per cui  continuare a lottare. Un individuo che attraverso le sue parole ha dimostrato come sia possibile raccontare le cose “come stanno”. In tempi dove il pensiero è passato di moda, lo scrittore propone la realtà senza imporla. Un mondo in perenne modalità struzzo non riuscirà mai a capire pienamente quanto la disperazione possa generare pace. Le favole finiscono con un buon sonno, ma poi ci si sveglia.

I libri di Houellebecq sono carichi di personaggi positivamente disincantati, individui che hanno vissuto quel pezzo di vita sufficiente per conoscere il gioco e non credere che il domani sarà migliore. Leggendo le parole di questo scrittore si può tranquillamente desumere quanto la compassione per il genere umano sia nelle sue corde.Una letteratura  difficile e ironica, ma allo stesso tempo in grado di far riflettere sulle cose che contano veramente nella vita. Lo sguardo cinico e costruttivo allo stesso tempo è patrimonio di poche menti in grado di trasmettere serenità elevando il disincanto a sorriso.

Una produzione intellettuale, quella di Houellebecq, impossibile da consigliere in stile classifica perché troppo individuale e intima. Da Estensione del dominio e dalla lotta fino al suo ultimo Serotonina occorre che ogni lettore si faccia la propria idea. Considerato misantropo, cinico e a volte misogino l’autore francese rimane impossibile da classificare in qualsiasi (facile) insieme.

Profondamente legato alla verità della scrittura arriva da quella tradizione inaugurata da Celine, parlando di connazionali,  rimasta per anni senza esponenti. Andando a cercare ad altre latitudini Houllebecq potrebbe ricordare Bukowski, Fante o Brett Easton Ellis, ma sarebbe riduttivo parlare così. Ogni mente può essere ispirata, spesso guidata ma mai plasmata. Lo stile del tutto personale di Michel è unico e impossibile da replicare senza cadere in un manierismo sminuente.