Diabolik

Alla fine degli anni sessanta Diabolik è il criminale numero uno. I suoi furti tengono in scacco l’intero corpo di polizia guidato dal commissario Ginko. A Clearville arriva Eva Kent, ricca ereditiera, con diamante inestimabile al seguito. Fiutato il colpo Diabolik, s’introduce nella camera della signora per rubare il prezioso. Al protagonista non basta cambiare identità per sfuggire alla trappola dei piedipiatti. Portato in galera e condannato alla ghigliottina al ladro gentiluomo non rimarrà che affidarsi alla Kent per evadere.

I fratelli Manetti riportano sullo schermo Diabolik nel loro ultimo lavoro omonimo. Distanziandosi dal film del 1968 i registi decidono per un’atmosfera molto più vicina al famoso fumetto. I dialoghi sono ridotti all’osso e completamente funzionali all’atmosfera malinconica che il film trasmette .

Diversamente dal solito stile Manetti Diabolik appare come un film che fa del non palesato la sua forza. Luca Marinelli riesce a dare il fascino dovuto al protagonista recitando le personalità di un criminale dalle ottime maniere. Il Ginko di Mastrandrea ricorda i commissari dei noir americani anni 40 , sempre impassibile e interessato a far rispettare la legge.

Un film in grado di sorprendere positivamente ogni estimatore del cinema perché ricco di riferimenti a una classicità che rimane garanzia di spessore. Miriam Leone in versione La donna che visse due volte aggiunge un sapore retrò a un prodotto sbucato dal tempo. Eva Kent è una donna dalla personalità ben delineata che accompagna il suo amato e ne accresce la fama.

La scenografia è in linea con il resto del lavoro, nessun orpello e colori poco marcati per parlare di passato facendolo assaporare al pubblico. Sullo schermo va cinema di classe che non cerca la simpatia forzata del pubblico, non regala macchiette e per questo riesce a farsi ricordare. Diabolik riesce a unire passato e presente attraverso un’accurata rivisitazione delle tecniche narrative e una sapiente dose di azzardo.