Caos dazi USA: Trump li ritira dopo l’impennata dei prezzi

Dopo l’impennata dei prezzi di carne, frutta e verdura, la Casa Bianca è costretta a ritirare oltre 200 dazi alimentari. Una retromarcia che smentisce la narrativa del “proteggiamo l’America” e rivela un boomerang economico costoso per famiglie e imprese.

I dazi voluti da Donald Trump dovevano riportare l’America al centro del commercio mondiale, punire i partner “sleali” e difendere i produttori domestici. Invece hanno fatto una cosa sola: far schizzare i prezzi dei beni essenziali. Carne, frutta, verdura, caffè – tutto più caro. Così caro che la stessa amministrazione è stata costretta a un clamoroso dietro-front, cancellando più di 200 dazi alimentari. Un’ammissione implicita: la strategia tariffaria, così come concepita, non aveva alcun senso economico.

L’allarme ignorato sui prezzi alimentari

Già a inizio 2025 Reuters avvertiva che i nuovi dazi su Canada, Messico e altri partner commerciali avrebbero colpito al cuore i consumatori americani. Le prime vittime? Carne bovina, uova e una lunga lista di alimenti fondamentali.

Le previsioni sono diventate realtà: secondo l’Economic Research Service (USDA), tra luglio e agosto 2025 i prezzi al dettaglio di carne bovina e vitello sono aumentati del +2,7% mensile e del +13,9% annuo. Un’impennata che nessun comunicato ottimista poteva mascherare.

In condizioni normali sarebbe bastato questo per ripensare la strategia. Ma la Casa Bianca ha tirato dritto, ignorando il fatto più elementare dell’economia internazionale: i dazi li paga chi importa, cioè i consumatori americani.

La realtà dei numeri: dazi su beni che gli USA non producono a sufficienza

La scelta dei prodotti colpiti è stata il vero capolavoro dell’assurdo. Gli Stati Uniti importano da Messico e Canada percentuali enormi di alimenti freschi.

Un dato su tutti: il 51% della frutta fresca importata dagli Stati Uniti nel 2023 proveniva dal Messico, così come il 69% delle verdure fresche.

Colpire con dazi ciò che non si produce abbastanza in casa non è protezionismo: è autolesionismo economico.

Il risultato è stato inevitabile: costi più alti per le famiglie e un’inflazione alimentare fuori controllo.

La narrativa che crolla: retromarcia forzata

Per mesi l’amministrazione ha insistito sullo slogan: “saranno gli altri a pagare”.

Ma mentre i prezzi salivano e le proteste aumentavano, la narrazione è crollata. Il governo è stato costretto a fare ciò che aveva escluso categoricamente: ritirare i dazi su oltre 200 beni alimentari, inclusi carne bovina, banane, pomodori, caffè e altri prodotti a forte consumo quotidiano.

Una retromarcia che ha smentito pubblicamente la linea ufficiale e che mostra come un errore di politica commerciale si sia trasformato in un boomerang politico.

L’effetto boomerang sull’economia: un “aumento delle tasse” mascherato

La Tax Foundation non ha usato mezzi termini: la guerra tariffaria di Trump equivale a un aumento fiscale medio di 1.200 dollari l’anno per nucleo familiare.

Il motivo è semplice: i prezzi degli alimenti salgono, il potere d’acquisto scende, i consumi rallentano, e le imprese che importano materie prime pagano costi più alti.

L’effetto finale è quello opposto rispetto all’obiettivo dichiarato. Altro che protezione del “made in USA”: la catena produttiva americana ne è uscita indebolita, tra margini erosi e consumatori più poveri.

Una strategia che si smentisce da sola

Il dietro-front sui dazi alimentari non è un aggiustamento tecnico: è un’ammissione di fallimento.

Voler proteggere l’economia americana con barriere tariffarie indiscriminate è stato un esperimento costoso e confuso. I fatti sono ormai innegabili: l’inflazione alimentare è esplosa colpendo i consumatori per via dei rincari sui beni essenziali.

A seguito di ciò, l’amministrazione Trump ha deciso il ritiro dei dazi per evitare un tracollo politico, perdendo di credibilità nella politica commerciale USA.

La guerra commerciale doveva rimettere gli Stati Uniti “al centro del mondo”.

Li ha rimessi al centro del supermercato… davanti a scaffali più cari e a scontrini più pesanti.