L’oggetto interstellare 3I/ATLAS continua a far discutere. Analizzando le più recenti immagini e i dati spettroscopici, Avi Loeb, professore di astrofisica all’Università di Harvard, ha individuato nuove incongruenze che metterebbero in dubbio la natura “cometaria” dell’astro.
Secondo i calcoli pubblicati in un articolo su Medium, 3I/ATLAS avrebbe perso una quantità di massa incompatibile con le dimensioni osservate dal telescopio spaziale Hubble. L’unica spiegazione plausibile – nel caso fosse una cometa naturale – sarebbe una frammentazione in almeno 16 pezzi avvenuta durante il passaggio ravvicinato al Sole lo scorso 29 ottobre.
La disintegrazione al perielio: 3I/ATLAS e il possibile scenario naturale
Durante il perielio, 3I/ATLAS ha mostrato un notevole aumento di luminosità, segno di una forte attività superficiale. Loeb calcola che l’area necessaria per giustificare tale perdita di massa doveva essere di circa 1.600 km², equivalente a una sfera di 23 chilometri di diametro.
Tuttavia, le misurazioni di Hubble indicano che il diametro massimo dell’oggetto non supera i 5,6 chilometri. Per Loeb, questo divario non può essere ignorato: “Houston, abbiamo un problema con l’ipotesi della cometa naturale”, scrive ironicamente il ricercatore.
Se la cometa si fosse davvero disgregata in molte parti, l’aumento di superficie esposta spiegherebbe l’intensità della luminosità rilevata, analogamente a quanto accadde con la cometa Shoemaker-Levy 9, frantumata in 21 frammenti prima di precipitare su Giove nel 1994.
Se invece 3I/ATLAS fosse ancora intatto?
Il punto più controverso della teoria di Loeb riguarda ciò che potrebbe accadere qualora l’oggetto risultasse ancora integro. In tal caso, secondo lo scienziato, 3I/ATLAS non potrebbe più essere classificato come un corpo naturale.
Il 19 dicembre, l’oggetto passerà alla minima distanza dalla Terra, offrendo un’occasione unica per testare la sua ipotesi. Telescopi di tutto il mondo lo osserveranno per capire se l’oggetto si sia davvero disintegrato oppure no.
Loeb suggerisce che le immagini più recenti, in particolare quelle realizzate da Michael Jäger, Enrico Prosperi e Gerald Rhemann, mostrano getti multipli orientati in direzioni differenti. Se non fossero semplici pennacchi di gas e polveri, potrebbero essere i segni di una propulsione artificiale.
Ipotetici “motori alieni”: un’ipotesi audace ma affascinante
L’astrofisico israeliano, da anni aperto alla possibilità di tecnologie extraterrestri, ipotizza che i getti visibili potrebbero essere scarichi di propulsori.
I motori chimici, spiega, avrebbero velocità di espulsione di 3–5 km/s, molto superiori a quelle dei materiali sublimati dalle comete naturali. I propulsori ionici, invece, raggiungerebbero i 50 km/s o più, riducendo enormemente la perdita di massa osservabile.
Se 3I/ATLAS fosse un veicolo artificiale, anche la quantità di “carburante” necessaria risulterebbe trascurabile rispetto alla massa totale del corpo. Le prossime osservazioni spettroscopiche saranno decisive per capire la velocità, la composizione e la direzione dei getti.
In attesa delle prossime osservazioni
L’enigma di 3I/ATLAS è tutt’altro che risolto. Se i dati confermassero la sua disintegrazione, si tratterebbe di una cometa naturale vittima del calore solare. Ma se dovesse mostrarsi ancora integro, le spiegazioni convenzionali non basterebbero.
Come conclude Loeb: “Rimani curioso”. Le settimane a venire ci diranno se stiamo assistendo alla fine spettacolare di una cometa interstellare, o se dietro 3I/ATLAS si nasconde qualcosa di molto più straordinario.
