
Indipendentemente dalle proprie idee politiche, bisogna riconoscere a Matteo Renzi almeno il merito di essere riuscito a far spostare il focus dal tormentone dell’anno. Ecco che improvvise dimissioni di ministri, oculati sermoni per ottenere la fiducia, elogi ed insulti all’operato di Giuseppe Conte si sono sostituiti, per qualche giorno, a numero di casi, vaccini effettuati, varianti nate come funghi e zone rosse.
Uno stravagante sospiro di sollievo, riuscire a distrarsi da un virus che ci ha invaso le esistenze e permea da ormai un anno notizie e conversazioni, riempiendoci occhi e orecchie ovunque la loro attenzione sia rivolta. Una tortura nella tortura. Viene quasi da dire: benvenuta, crisi di Governo. L’appassionante intrattenimento che ci mancava. Che ne avessimo bisogno o meno, è un discorso a parte. D’altronde, ciò di cui i cittadini italiani hanno bisogno sembra non essere, almeno tra chi dovrebbe occuparsene, la priorità di nessuno.
Uno show per tutti i gusti
Negli ultimi due giorni si sono susseguiti, dentro le mura di Montecitorio e Palazzo Madama, gli interventi di deputati e senatori volti a concedere o negare la fiducia al Presidente del Consiglio. Se, in linea generale, i partecipanti hanno saputo mantenere alta l’attenzione del pubblico, l’interpretazione di alcuni si è distinta per particolare banalità, originalità o veemenza. Come le colorite invettive tra italiano e romanaccio della Meloni, che ha paragonato “l’avvocato” Conte a Barbapapà nell’accusarlo di trasformismo, o le solite ovvietà, nei commenti e nelle specifiche parole usate, di Zingaretti. O ancora, il “di voi Grillo diceva che non morite mai”, rivolto da Salvini ai senatori a vita.
Un po’ di improvvisazione ha poi aggiunto del pepe allo spettacolo. Come il voto dato all’ultimo secondo dal senatore Ciampolillo, il voltafaccia di un paio di senatori di Forza Italia, o il breve discorso al vetriolo di Vittorio Sgarbi. Lo Sgarbi perennemente incazzato, perennemente provocatorio, con la sua mascherina sotto il naso. Che tra le poche parole di disprezzo rivolte a Giuseppe Conte, ha concluso: “Si dimetta e vada in Cina!”. Si riferiva all’uscita pro-Cina del Premier nel suo discorso alla Camera, in effetti decisamente fuori luogo, sebbene, quella, tutt’altro che improvvisata. Insomma, che simpatici i nostri showmen nazionali. Capaci di strappare una risata a tutti. Da qualsiasi parte si stia.
Mano sul cuore
Non molla, Giuseppe Conte. Sta facendo di tutto per riuscire a far sorgere un nuovo governo evitando delle elezioni pericolose, scomode, per lui in particolare. Le dimissioni rimangono sempre l’ultima, scongiurata opzione, anche a fronte della risicata maggioranza raggiunta in Senato. Il Presidente del Consiglio si dà qualche giorno per cercare di trovare i voti mancanti. Di fronte a tanta caparbietà ci si chiede: lo fa per l’Italia, o piuttosto per se stesso?
Ciò che è triste è che lo stesso discorso sembra valere per tutte le altre star del Parlamento show. Si fa fatica, di fronte ai singoli discorsi, a immaginarne uno pensato e pronunciato espressamente per il bene del nostro Paese. Si fa fatica a scorgere qualcuno nel quale poter riporre, in caso di elezioni, la propria fiducia. Al quale poterlo affidare, questo nostro Paese, tanto bello quanto, adesso, in cattivo stato. Non si vede a sinistra, a destra, in centro. Non certo in Matteo Renzi, che sembra essere l’unico a comprendere le sue ultime mosse.
Giochiamo alla crisi?
Che fosse il momento giusto o meno – che poi quale sarà mai il momento giusto? – per scatenare una crisi di governo, è difficile a dirsi. Che le cose non andassero alla grande, decisamente più chiaro. Così come che nell’aria ci fosse un forte bisogno di cambiamento. Certo è anche che dalle ultime statistiche la maggioranza attuale non sembra incontrare il favore di quella degli italiani. Da qui a “giocare” alla crisi, però, ne passa.
Matteo Renzi l’ha provocata, ha fatto dimettere due ministre, per poi giocare all’astensione in fase di fiducia. Dando così a Conte la possibilità di restare a galla e poter ancora provare a creare un Governo, ma tenendolo appeso a un filo, con il coltello ben dalla parte del manico. Come a dire “se le nostre astensioni si convertono in no, sei fregato”. È qui che lo spettacolo si fa un po’ meno divertente, magari non per Renzi, ma per milioni di italiani. Perché assistono, impotenti, ad un gioco che riguarda il loro presente e futuro. E adesso sanno di dover aspettare altri giorni, forse settimane, prima di avere delle risposte concrete.
Una questione di integrità
Quando, quasi un anno fa, il Covid impazzava e il Governo si dimenava come poteva per reagire di fronte a una tale forza, talmente inattesa, nei giornali e nei social si dibatteva della sua capacità o meno di rispondere alla crisi. Un post, diventato virale, diceva qualcosa come: “Raccontami tu cosa faresti se fossi il Presidente del Consiglio”. Al di là di una verità evidente dietro al messaggio – l’estrema difficoltà della situazione – un’altra, altrettanto grande, è però che ognuno di noi, scegliendo in modo totalmente arbitrario una professione, deve assumersi a pieno le responsabilità ad essa legate.
Il giornalista, per esempio, quella di fare un resoconto della realtà nel modo più veritiero possibile. Di farlo nel rispetto delle persone eventualmente coinvolte nei fatti e del pensiero di ognuno. L’attore, quella di incarnare al meglio il proprio personaggio, portando lo spettatore a dimenticarsi di lui. Stando attento, nel frattempo, a non farsi travolgere emotivamente da quel personaggio, tanto da dimenticare se stesso. Un imprenditore deve tutelare chi lavora per la sua azienda e stare costantemente all’erta, per non farla naufragare.
Il Presidente del Consiglio, invece, si assume la responsabilità di guidare la Nazione. Per farlo, viene ricompensato con prestigio e un ottimo stipendio. Ma dev’essere pronto ad affrontare qualsiasi difficoltà gli si presenti, di qualsiasi entità sia. Dev’essere esempio di integrità e forza. E capire quando è arrivato il momento di metter fine allo spettacolo, prima che il pubblico arrivi allo sfinimento.
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