Colloquio Rubio-Lavrov sulle tensioni globali, Cina frena sul petrolio russo

Colloquio tra Rubio e Lavrov su Yemen e tensioni globali. Intanto, Putin rilancia sul cessate il fuoco in Ucraina con condizioni rigide, l’Occidente risponde con sanzioni e la Cina frena sugli acquisti di petrolio russo

Il Dipartimento di Stato americano ha annunciato che il Segretario di Stato Marco Rubio ha avuto un colloquio telefonico con il Ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. Durante la conversazione, Rubio ha informato dell’avvio di un’operazione militare statunitense in Yemen contro i ribelli Houthi del movimento Ansar Allah. Il confronto ha toccato anche gli ultimi sviluppi in Arabia Saudita, con entrambe le parti che hanno espresso l’intenzione di proseguire gli sforzi per una normalizzazione dei rapporti tra Washington e Mosca. Tuttavia, dal Cremlino non è arrivata alcuna conferma ufficiale sui contenuti della telefonata.

Sul fronte ucraino, la proposta degli Stati Uniti per un cessate il fuoco di 30 giorni, invece di favorire una distensione, sembrerebbe aver complicato ulteriormente il quadro diplomatico. Mosca ha avanzato una serie di condizioni che l’Occidente interpreta come una manovra per guadagnare tempo e consolidare le proprie posizioni sul campo. Mentre le tensioni aumentano e gli equilibri geopolitici continuano a mutare, il 13 marzo Vladimir Putin ha rotto il silenzio sulla questione, dichiarando che Mosca è “favorevole, ma ci sono delle sfumature”. Tuttavia, le condizioni poste dal Cremlino appaiono tutt’altro che concilianti: tra i punti più controversi, la resa dei militari ucraini nella regione di Kursk e il blocco della mobilitazione, oltre alla sospensione dell’afflusso di armi occidentali a Kiev. Clausole che hanno immediatamente suscitato allarme tra gli analisti, convinti che la Russia stia cercando di rafforzare la propria posizione più che di porre fine al conflitto.

A fornire una chiave di lettura sulle reali intenzioni di Putin è il politologo Michail Komin, che ieri è stato intervistato dal portale Meduza. Secondo l’analista, il presidente russo starebbe deliberatamente inserendo nella trattativa richieste legittime accanto a condizioni inaccettabili, con l’obiettivo di complicare il processo negoziale. “Dal punto di vista delle consuete pratiche di risoluzione dei conflitti, alcune delle questioni sollevate da Putin sono plausibili, mentre altre esulano completamente dal contesto. Credo che stia intenzionalmente mescolando le due categorie per rendere più difficile il raggiungimento di un cessate il fuoco”, ha dichiarato Komin.

Mentre le trattative proseguono, il dibattito sulla sicurezza globale coinvolge anche l’Australia. Secondo il The Guardian, il primo ministro Anthony Albanese ha espresso apertura all’idea di un coinvolgimento australiano in un’operazione di peacekeeping in Ucraina, dichiarando che Canberra potrebbe fornire “un piccolo contributo” una volta stabilito un cessate il fuoco. Ma l’idea non ha convinto tutti. Il leader dei Nationals, David Littleproud, ha espresso forti perplessità, sostenendo che “l’Australia deve concentrarsi su se stessa”, lasciando all’Europa la gestione delle missioni di mantenimento della pace.

Il dibattito si è acceso ulteriormente quando, dopo una riunione con i leader della Coalition of the Willing – tra cui il premier britannico Keir Starmer, il primo ministro canadese, quello neozelandese e il presidente ucraino Vladimir Zelenskij – Starmer ha dichiarato: “La palla è nel campo della Russia e Putin deve dimostrare di essere serio riguardo alla pace”. Un messaggio chiaro, che sottolinea l’intenzione dell’Occidente di rafforzare l’Ucraina e indebolire la macchina da guerra russa attraverso nuove sanzioni economiche e misure restrittive.

Nel frattempo, anche la Cina si sta muovendo con cautela. Reuters ha riferito che le compagnie petrolifere cinesi hanno ridotto drasticamente l’acquisto di greggio russo, con aziende come Sinopec e Zhenhua Oil che hanno interrotto completamente le importazioni di marzo. Altre compagnie, come PetroChina e CNOOC, hanno invece ridimensionato i volumi di acquisto. Mosca, che esporta circa 1,2 milioni di tonnellate di petrolio in Cina al mese – pari a circa il 20% delle importazioni totali di Pechino – rischia di subire pesanti ripercussioni economiche se il trend dovesse continuare.

Questo rappresenta un cambiamento significativo rispetto al 2022, quando, nonostante le sanzioni occidentali, la Cina aveva aumentato le importazioni di petrolio russo, approfittando di forti sconti. Oggi, però, le restrizioni finanziarie imposte dagli Stati Uniti e l’incertezza sul futuro del conflitto hanno spinto Pechino a una maggiore prudenza. Le compagnie petrolifere statali, temendo sanzioni secondarie, stanno valutando con maggiore attenzione i rischi di fare affari con Mosca. Se questa tendenza dovesse proseguire, potrebbe tradursi in un ulteriore colpo alle entrate russe, già messe sotto pressione dai pacchetti di sanzioni occidentali.

L’intera vicenda solleva interrogativi fondamentali sul futuro della guerra. Il cessate il fuoco, così come proposto, potrebbe rappresentare solo una tregua temporanea, utile per rafforzare le posizioni delle parti coinvolte piuttosto che segnare un vero passo verso la pace. Se l’accordo dovesse prolungarsi oltre i 30 giorni, sia la Russia che l’Ucraina potrebbero sfruttare il tempo guadagnato per prepararsi a una nuova fase del conflitto. Il mondo attende di vedere se questa pausa sarà davvero un ponte verso la stabilità o solo l’ennesimo capitolo di un dramma senza fine.

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