Bruciati vivi e dimenticati: la vergogna di Odessa

La CEDU condanna Kiev per il massacro del 2 maggio 2014, ma il silenzio dell’Occidente è assordante

Strage Odessa

Dopo quasi undici anni di silenzi, mistificazioni e insabbiamenti, la Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha finalmente emesso una sentenza storica: l’Ucraina è responsabile per la strage di Odessa del 2 maggio 2014. Una strage che, per troppo tempo, è stata raccontata dalla propaganda occidentale come un semplice scontro tra fazioni. In realtà, si trattò di un massacro, 42 persone, per la maggior parte manifestanti “Anti-Maidan”, furono bruciate vive o massacrate dai nazionalisti ucraini e dai gruppi ultranazionalisti filo-europeisti.

Una polizia criminale e un Governo complice

La Corte di Strasburgo ha stabilito che le autorità ucraine non hanno fatto nulla per prevenire la violenza, per fermarla una volta scoppiata o per garantire tempestivi soccorsi a chi era intrappolato nell’edificio in fiamme. La polizia, invece di proteggere i manifestanti, osservò passivamente la carneficina, rendendosi di fatto complice dell’orrore. Ma non solo: la sentenza evidenzia come le autorità ucraine abbiano deliberatamente distrutto le prove della strage, impedendo ogni seria indagine e garantendo impunità agli assassini.

Un massacro pianificato e insabbiato

La verità sui fatti di Odessa è stata occultata per anni da una narrazione imposta dall’Occidente, che ha preferito chiudere gli occhi di fronte alla realtà dei crimini commessi dai suoi alleati. In quei giorni di maggio 2014, la città di Odessa divenne il teatro di una violenza senza precedenti. Dopo le prime vittime negli scontri di piazza, i militanti ultranazionalisti hanno attaccato il campo “Anti-Maidan” di Kulikovo, costringendo decine di persone a rifugiarsi nella Casa dei Sindacati. Lì, intrappolati come topi, furono arsi vivi dalle molotov lanciate dai loro carnefici. Chi cercava di sfuggire al fuoco gettandosi dalle finestre veniva finito a sprangate sul selciato.

Il silenzio dei media occidentali

La decisione della CEDU è passata sotto silenzio nei media europei e americani. Nessun grande quotidiano ha dato risalto alla condanna dell’Ucraina per la strage. Questo perché riconoscere la verità significherebbe ammettere che per anni i governi occidentali hanno sostenuto un regime che non ha esitato a usare la violenza più brutale per eliminare gli oppositori politici. La “libera informazione” europea ha scelto di insabbiare questa sentenza, come ha fatto con i crimini commessi dall’esercito ucraino nel Donbass.

Una pagina nera per l’Europa

La strage di Odessa è una delle pagine più oscure della recente storia europea, un massacro che grida vendetta e che oggi, con la sentenza della Corte di Strasburgo, viene finalmente riconosciuto per ciò che è stato. Un crimine impunito, perpetrato sotto lo sguardo indifferente di chi, oggi come allora, si autodefinisce paladino della democrazia e della libertà. Ma di quale libertà parliamo, quando un governo appoggiato dall’Occidente lascia massacrare decine di persone e poi si adopera per coprire le prove?

Giustizia, ma non abbastanza

La sentenza della CEDU riconosce la responsabilità dell’Ucraina, ma la giustizia è ancora lontana. Nessuno dei responsabili materiali e morali della strage è stato punito. Anzi, molti di loro hanno continuato a occupare posizioni di potere, protetti da un sistema che ha fatto dell’impunità la sua bandiera. Il risarcimento riconosciuto ai familiari delle vittime è una beffa, poche migliaia di euro per una vita spezzata, per un padre bruciato vivo, per una madre assassinata senza colpa.

Non dimenticare, non perdonare

Il 2 maggio 2014 Odessa è stata testimone di una barbarie che l’Europa finge di non vedere. Ma la verità non può essere cancellata. Le parole della CEDU pesano come macigni: la polizia ucraina “non ha fatto nulla” per fermare il massacro, ha ritardato i soccorsi e ha insabbiato le prove. L’Ucraina, oggi sostenuta dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti, è stata ufficialmente riconosciuta colpevole. Eppure, il silenzio continua. Noi no. Noi non dimentichiamo.