Un tribunale francese ha condannato all’ergastolo Frédéric Péchier, anestesista di 53 anni, riconosciuto colpevole di aver avvelenato intenzionalmente decine di pazienti durante il suo servizio in cliniche private della Francia orientale. Secondo la corte, 12 persone sono morte e altre 18 hanno riportato gravi conseguenze, in un arco temporale di quasi dieci anni.
L’ex medico, un tempo considerato un professionista stimato, è stato definito dall’accusa come uno dei criminali più gravi mai giudicati dal sistema giudiziario francese.
Il metodo: sacche manomesse e arresti cardiaci
I pubblici ministeri hanno ricostruito un quadro inquietante: Péchier avrebbe alterato sacche di anestesia o di paracetamolo destinate ai pazienti, provocando arresti cardiaci improvvisi durante interventi chirurgici di routine.
La procuratrice Christine de Curraize lo ha descritto come un serial killer “altamente contorto”, capace di agire con freddezza e precisione sfruttando il proprio ruolo medico.
Tra sete di potere e rivalità professionali
Secondo l’accusa, le motivazioni dell’anestesista erano molteplici. In alcuni casi, Péchier avrebbe causato le emergenze per poi intervenire nella rianimazione, cercando di apparire come un salvatore. In altri, l’obiettivo era danneggiare colleghi con cui era in conflitto, facendo apparire incompetenti i medici responsabili dei pazienti colpiti.
Per i magistrati, l’imputato agiva spinto da frustrazione, senso di inadeguatezza e bisogno di controllo. Uccidere e mettere a rischio vite umane sarebbe diventato, nel tempo, una vera e propria abitudine.
Le vittime: dai bambini agli anziani
Le persone colpite avevano un’età compresa tra i 4 e gli 89 anni. Durante le indagini sono stati analizzati oltre 70 casi di “eventi avversi gravi”, termine medico che indica complicazioni o decessi inattesi.
Tra le storie più drammatiche c’è quella di Tedy, un bambino di quattro anni che nel 2016 subì due arresti cardiaci durante un’operazione alle tonsille. Sopravvisse, ma riportò danni permanenti.
Il dolore delle famiglie in aula
Il padre di Tedy ha raccontato in tribunale il trauma vissuto dalla famiglia, parlando di fiducia tradita e di un figlio usato come strumento per regolare conti tra medici. Oggi il ragazzo, 14enne, convive con difficoltà cognitive e fisiche che attribuisce a quell’avvelenamento.
Anche Sandra Simard, sopravvissuta a un arresto cardiaco durante un intervento alla schiena nel 2017, ha testimoniato. Dopo giorni di coma, vive ancora con dolori cronici e limitazioni fisiche: “È come abitare nel corpo di una persona anziana”, ha dichiarato.
Un medico senza empatia, secondo l’accusa
Durante il processo, durato tre mesi, Péchier ha sempre negato ogni responsabilità, affermando di non aver mai avvelenato nessuno. Gli avvocati delle vittime lo hanno però descritto come freddo, privo di emozioni e incapace di mostrare empatia.
Figlio di un anestesista e proveniente da un contesto familiare privilegiato, viveva con la moglie cardiologa e i tre figli prima del divorzio. L’immagine pubblica del professionista stimato è crollata sotto il peso delle prove.
“Usava i pazienti come armi”
Secondo Morgane Richard, legale di molte vittime, Péchier ha trattato i pazienti come strumenti per colpire i colleghi, provocando non solo danni fisici ma anche un devastante impatto psicologico sull’intero ambiente medico.
“La cosa più sconvolgente – ha detto alla giuria – è sapere che nessuno può immaginare di essere ucciso intenzionalmente da chi dovrebbe curarlo”.
