Alessandro Blasetti e la sua arte

Il cinema italiano ha incrementato la sua profondità alla fine del secondo conflitto mondiale attraverso il neorealismo. Durante il regime l’approccio alla settima arte era molto più diretto verso la serialità della produzione. Le maestranze guardavano al cinema come un’industria in grado di produrre, in perfetto stile Hollywoodiano, pellicole per educare e intrattenere il popolo.

Ci sono dei registi che hanno attraversato il ventennio insegnando ai giovani l’arte del pensare un cinema totalizzante uno di questi è sicuramente Alessandro Blasetti. Il regista romano ha superato il muto e costruito le basi per quello che sarebbe stato il futuro della settima arte nel Belpaese.

La sua peculiarità era di curare ogni fase del processo produttivo, che si trattasse di teoria o di pratica Blasetti, traccia le linee guida da seguire per ogni addetto ai lavori. Intellettuale e innovatore convinto rimane il primo artista ad aver ammesso l’intimismo nel cinema declinato nei dialoghi e nella fotografia. Inventò la figura del critico cinematografico, cominciata come rubrica su l’Impero, e fu maestro fondatore della prima scuola di cinematografia italiana. Film come Vecchia Guardia o Quattro passi tra le nuvole anticipano gli stilemi neorealisti mentre

Altri Tempi e Tempi nostri sono stati i primi adattamenti Leopardiani a episodi. Con l’avvento della televisione il maestro si sposterà sul piccolo schermo inventando format che ancora oggi sono di largo utilizzo quali la docufiction o il film di montaggio. Attivo anche nel dopoguerra Blasetti ha saputo comprendere a pieno il cinema reinventando il suo modo di lavorare ma tenendo ferma quella professionalità che l’ha sempre accompagnato.

Io, io, io…egli altri   1962

Un noto giornalista. nel lavorare a un’inchiesta sull’egoismo, si rende conto di quanto sia importante la solidarietà. Interpretato da uno straordinario Walter Chiari Io, io è un film, dove i frammenti di vita quotidiana prendono forma per dimostrare l’egoismo negli individui. Partendo da alcuni conoscenti il giornalista proverà a tracciare le personalità meschine e egocentriche che regnano nella società italiana di quel periodo.

L’uomo come avvoltoio sembra essere l’unico essere in grado di cavarsela e pensare a se stessi l’unica religione possibile. Un lavoro sociale quello di Blasetti che vuole raccontare quanto le persone possano vivere solo aiutandosi a vicenda e quanto ogni forma di egoismo, sebbene endemico, sia destinata a soccombere.

Sceneggiato e interpretato da assi del cinema italiano (da Flaiano a Mastroianni) la commedia è un punto d’arrivo nella carriera di Blasetti che riesce a costruire una serie di episodi in grado di testimoniare l’egoismo e contestualmente a smontarlo con una raffinata autocritica a cui il protagonista arriva osservando i risultati della rapacità. L’umanità è la vera risposta e il percorso per arrivare a questa conclusione varia secondo le esperienze che la vita riserva ai suoi protagonisti.

Dialoghi essenziali e soprattutto veri si intrecciano a un retrogusto di malinconia e alla rappresentazione di anime gentili e sempre disponibili ad aiutare il prossimo. Io, Io è una commedia di riflessione che testimonia i primi anni sessanta dove boom economico e dolcevita favorivano un sorriso anche su temi come l’egoismo che, di lì a poco sarebbero diventati più foschi da affrontare.

 

Altri Tempi 1952

Un libraio presenta alcuni volumi da cui prendono vita storie diverse. Vicende che si snodano dalla metà dell’800 ai primi del novecento dove il dramma si mescola alla commedia sconfinando spesso nella farsa. Tratto da scrittori italiani molto famosi quali Pirandello e De Amicis Altri tempi è un film a episodi dove Blasetti riesce ad adattare la letteratura di serie A al cinema. Il format, usato dal regista per la prima volta, prenderà piede per tutti gli anni sessanta e sarà utilizzato in molti dei capolavori prodotti nel periodo.

Un insieme di generi ben miscelati che ricorda la rivista teatrale dove attori di primissimo ordine danno vita ad alcune delle pagine più importanti scritte in Italia. Al film non manca nulla, si va dall’intermezzo musicale alla gag con una leggerezza in grado di intrattenere ogni tipo di spettatore.

Pur non essendo un prodotto invecchiato bene ha un valore storico non indifferente in quanto testimonia la nascita di un genere ( il cinema a episodi) oltre ad essere una perfetta ricostruzione storica della vita italiana tra il diciannovesimo e il ventesimo secolo. Tra gli interpreti si possono trovare Aldo Fabrizi , Paolo Stoppa e Gina Lollobrigida uniti per dar vita a uno dei primi “corali” che Blasetti cuce con maestria e variando il genere a seconda delle esigenze narrative.

 

Vecchia Guardia 1934

Viterbo 1922 nell’immediato dopoguerra in provincia si assiste ai continui scambi di “cortesia” tra fascisti e comunisti. Le manifestazioni di violenza reciproca fanno il male del paese e costano la vita a un ragazzino molto amato reo di voler partecipare ai raid punitivi insieme al fratello in camicia nera. Una morte inutile che causerà la violenza anche di chi, fino a quel momento, aveva preferito saggiamente di non schierarsi. La marcia su Roma è alle porte e nulla sarà più come prima.

Sebbene sia un tributo al fascismo Vecchia Guardia è un film carico di fascino visivo e di una realtà respirabile. Blasetti sceglie di ispirarsi al cinema espressionista per creare questa vicenda senza prendere eccessivamente le parti di una o l’altra ideologia ma raccontando quanto siano pericolosi gli estremismi di ogni genere. Un prodotto precedente al neorealismo che utilizza i medesimi stilemi quali, una sceneggiatura molto vicina al parlato comune per attori dai volti popolari .

Un prodotto sopra gli standard qualitativi italiani per quello che potrebbe rimanere come il primo esempio di cinema verità che è stato vittima della storia. Blasetti dimostra tutta la sua abilità nel trasformare un melodramma preconfezionato in una profonda riflessione sulla banalità raccontando come sia difficile per una mente giovane scappare al condizionamento.

Essere da una parte o dall’altra non è che il frutto di un condizionamento iniziale che precede un pensiero formato e gli adulti dovrebbero fare molta attenzione a lasciare i bambini liberi da condizionamenti. Il regista inserisce alcuni dettagli , come la marcia su Roma imminente per contestualizzare il film ma non facendone alcuna apologia. I buoni o i cattivi esistono in maniera sfumata in vecchia guardia e la storia ha giudicato un film che altrimenti avrebbe avuto miglior destino.

La cena delle beffe 1941

In una Firenze rinascimentale si consuma la disputa per una donna da parte di due giovani nobili . I due mettono in scena degli “scherzi” senza alcuna regola. Uno dei due riesce a convincere l’opinione pubblica che l’altro è impazzito. Il pazzo supposto sarà imprigionato riuscendo in seguito ad evadere per consumare la sua vendetta.

Il film del 1941 è l’esempio di come Blasetti sia stato soprattutto un innovatore. I movimenti di macchina e il profondo ritmo dato alla vicenda trasportano la scena fuori dal suo ambito statico garantendone un interesse sincero pur poco dotato di pathos. Gli attori lavorano in maniera egregia e rispettando le consegne di una vicenda che si consuma tra la farsa e il melodramma.

Il regista riesce a creare una perfetta amalgama tra volti , sceneggiatura e fotografia in grado di far notare appena la macchina in modo da fornire al film un anima propria che ancora oggi è visibile nel suo genere. La scelta di contrapporre il movimento degli attori alla staticità della scena ne decreta una vicinanza al teatro dove i tagli di ripresa accompagnano le passioni dei protagonisti carezzando la veemenza recitativa. Ottima la coppia Amedeo Nazzari, Osvaldo Valenti nel creare due personaggi mossi e accecati da una passione che sarà la condanna di entrambi. Un cinema carico di prosa che il regista riesce a trasformare, a tratti, in poesia.

La fortuna di essere donna 1954

Ragazza esteticamente graziosa si ritrova sulla copertina di una rivista. Dopo l’iniziale diffidenza, la donna si lascerà convincere dal fotografo a tentare la carriera di modella. Con il passare del tempo l’aspirante stellina s’innamorerà del suo scopritore costretto nel ruolo del cinico pur contraccambiandola.

Per farlo ingelosire Antonietta decide di circuire un nobile che ha lanciato molte ragazze nel mondo dello spettacolo. Il film è una satira sulla superficialità di certa gioventù disposta a tutto pur di guadagnare la notorietà. Blasetti riesce a confezionare una commedia fatta si di buoni sentimenti (l’amore trionferà) ma con un monito per le nuove generazioni .

Il mondo degli aspiranti divi nasconde delle insidie e non è tutto così scontato specialmente quando è la bellezza, l’unico talento in possesso. Pur essendo un film degli anni cinquanta, la riflessione che propone è ancora molto attuale e dimostra quanto Blasetti fosse un ottimo osservatore della natura umana. Il film è interpretato dalla coppia Sofia Loren e Marcello Mastroianni che Blasetti ha proposto per primo intuendone le potenzialità. Dialoghi spiritosi e una buona dose d’ironia fanno del film una delle commedie classiche più riuscite del regista che dimostra di padroneggiare perfettamente il genere senza eccedere in manierismi. Ottimo cameo di Charles Boyer nella parte del conte cui la Loren decide provvisoriamente di affidare le sue virtù.