Pietro Anastasi, uno dei centravanti italiani più conosciuti, è morto oggi a Catania, la città dove era nato 72 anni fa. Fu giocatore simbolo della Juventus, ma anche di un calcio che ora non c’è più, con la quale disputò otto campionati vincendone tre.
Pietro Anastasi. Uno dei simboli di un calcio che non c’è più
Per i più giovani, anche appassionati e amanti del calcio, il nome di Pietro Anastasi, forse, dice poco o nulla. Era un centravanti di stampo classico di un calcio che ora non c’è più, di quando la TV e le sue esigenze di spettacolo ancora non imperavano nel mondo del calcio. Era ancora il calcio che si vedeva, e si godeva, negli stadi, unici luoghi deputati per godere di uno spettacolo nella sua interezza e nel suo spirito.
Pietro Anastasi ci ha lasciato ieri 17 gennaio, a Catania, la sua Catania che gli diede i natali nel 1948. L’apice della sua carriera si colloca a cavallo degli anni tra il 1960 e il 1970. Esordì con la Massiminiana, squadra della sua città. Dopo un rapido passaggio a Varese, allora squadra di Serie A approdò alla Juventus dove disputò otto campionati, tre dei quali disputati con la fascia di capitano.
La sua carriera
Calciatore di spicco anche con la Nazionale Italiana con la quale si laureò Campione d’Europa nel 1968 dopo un’epica finale disputata il 10 giugno allo Stadio Olimpico di Roma contro la Jugoslavia. Anastasi segnò la seconda delle due reti che piegarono la Jugoslavia mettendo così al sicuro il risultato dopo il vantaggio di Gigi Riva. Fu il primo nostro trofeo nella competizione europea per squadre nazionali e, purtroppo, ancora unico per noi.
Dopo i vertici una inspiegabile rapida discesa passando attraverso Inter, Ascoli e Lugano. I suoi numeri, seppur non impressionanti, sono sempre quelli di un grande campione. Disputò in serie A 338 partite con 105 gol segnati. 25 le partite con la maglia azzurra e 8 reti segnate.