Doveva essere il nuovo grande successo di Ryan Murphy, invece All’s Fair si è trasformata in uno dei peggiori fallimenti della stagione televisiva.
La serie drammatica, arrivata su Hulu (e in Italia su Disney+) il 4 novembre, ha raccolto appena il 6% di recensioni positive su Rotten Tomatoes: solo una critica su diciassette ha espresso un giudizio favorevole.
Un risultato impietoso per un progetto che vantava un cast d’eccezione: Kim Kardashian, Naomi Watts, Glenn Close, Sarah Paulson, Niecy Nash-Betts e Teyana Taylor. Eppure, nemmeno un ensemble così stellare è riuscito a evitare la catastrofe.
Trama e ambizioni femministe che non convincono
La serie racconta la storia di un gruppo di avvocate divorziste che, dopo aver lasciato un prestigioso studio dominato dagli uomini, fondano una nuova realtà tutta al femminile.
L’obiettivo? Aiutare le donne a vincere battaglie legali e sentimentali contro mariti potenti e spietati.
Protagonista è Allura Grant (Kim Kardashian), in guerra professionale e personale con Carrington Lane (Sarah Paulson), che si ritrova a difendere proprio l’ex marito di Allura. A complicare tutto, una mentore spietata interpretata da Glenn Close, che spinge le sue protette verso una guerra senza esclusione di colpi.
Sulla carta, un intreccio promettente e attuale. Nella pratica, secondo la critica, un accumulo di cliché e slogan “femministi” gestiti in modo grossolano.
Le recensioni su “All’s Fair”: un massacro unanime
La stampa americana non ha avuto pietà. The Guardian ha definito la serie “affascinante, incomprensibile ed esistenzialmente terribile”, assegnandole zero stelle, un trattamento riservato solo a pochissime opere nella storia del giornale.
Il Times è stato ancora più duro: “Potrebbe essere la peggiore serie televisiva mai realizzata”.
Il quotidiano britannico ha ironizzato sulla performance di Kardashian, “alla recitazione come Gengis Khan alla democrazia liberale”, e descritto i dialoghi come “uno tsunami di banalità che travolge tutto nei primi cinque minuti”.
Anche The Hollywood Reporter ha criticato senza mezzi termini la produzione, sostenendo che la star dei reality “recita con la stessa rigidità della sceneggiatura”, mentre il Daily Telegraph ha puntato il dito contro Murphy, definendolo “il sommo sacerdote del kitsch televisivo”.
Infine, USA Today ha liquidato la serie come “la peggiore dell’anno”.
Un fallimento che sorprende anche i fan di Ryan Murphy
Ryan Murphy, creatore di successi come American Horror Story e Glee, non sembra intenzionato a fermarsi: sta già lavorando a American Love Story, incentrata sulla famiglia Kennedy. Ma dopo All’s Fair, molti si chiedono se il produttore non stia esaurendo la sua vena creativa.
Il progetto, partito come un manifesto di empowerment femminile, è diventato invece un caso di studio su come neppure un cast da red carpet possa salvare una serie priva di cuore e di direzione.
“All’s Fair” avrebbe potuto essere una serie potente e provocatoria. Invece, è diventata un flop epocale, simbolo di quanto il nome di Ryan Murphy — e quello di Kim Kardashian — non bastino più, da soli, a garantire successo e qualità.
