Ciro Grillo, condanna a 8 anni per violenza sessuale di gruppo

Il tribunale di Tempio Pausania riconosce colpevoli i quattro giovani per i fatti avvenuti a Porto Cervo nel luglio 2019. L’avvocata Giulia Bongiorno: “La mia assistita ha trovato il senso del suo dolore”.

Ciro Grillo

Sono serviti più di tre anni e mezzo di processo e oltre sei anni dai fatti per arrivare alla sentenza. Ma alla fine il Tribunale di Tempio Pausania, presieduto dal giudice Marco Contu, ha pronunciato la parola definitiva: colpevoli.
Gli imputati, accusati di violenza sessuale di gruppo ai danni di una studentessa italo-norvegese all’epoca 19enne, sono stati condannati a pene pesanti. Ciro Grillo, figlio del fondatore del Movimento 5 Stelle Beppe Grillo, Edoardo Capitta e Vittorio Lauria hanno ricevuto 8 anni di reclusione. Francesco Corsiglia è stato condannato a 6 anni e 6 mesi.

Nessuno dei quattro era in aula quando la sentenza è stata letta, così come non era presente la giovane donna che ha denunciato la violenza subita nella notte tra il 16 e il 17 luglio 2019 a Porto Cervo.

L’accusa: “La ragazza non poteva esprimere consenso”

Il procuratore Gregorio Capasso aveva chiesto una condanna a 9 anni per tutti gli imputati. Per l’accusa, la tesi dei ragazzi secondo cui la ragazza sarebbe stata consenziente non reggeva alla prova logica né alle testimonianze raccolte.
Durante la requisitoria, Capasso aveva sottolineato come la studentessa avesse bevuto molto alcol, fosse a digiuno e stanca dopo una lunga giornata, e che in casa Grillo le fosse stato offerto un mix alcolico con vodka e lemon soda. “La giovane non era in grado di esprimere alcun consenso”, aveva ribadito.

Secondo la procura, il racconto degli imputati non solo risultava illogico, ma anche incompatibile con il materiale probatorio e le testimonianze emerse durante l’inchiesta.

Le difese non convincono il tribunale

I legali dei quattro giovani – tra cui gli avvocati Gennaro Velle, Mariano Mameli, Ernesto Monteverde, Enrico Grillo, Andrea Vernazza e Alessandro Vaccaro – hanno sempre sostenuto l’estraneità dei loro assistiti alle accuse, chiedendo l’assoluzione con formula piena.
“Non c’è stata alcuna violenza”, hanno ribadito nelle repliche. Ma la linea difensiva non ha trovato accoglimento.

Subito dopo la sentenza, l’avvocato Enrico Grillo, che assiste il figlio Ciro, ha dichiarato: “Siamo molto delusi. Restiamo convinti della nostra innocenza. Aspettiamo le motivazioni della sentenza e presenteremo appello”.

La vittima: “Lacrime di gioia”

Ben diversa l’emozione dall’altra parte dell’aula. L’avvocata Giulia Bongiorno, legale della studentessa, ha raccontato la reazione della ragazza:
“Quando le ho comunicato la sentenza è scoppiata in lacrime, lacrime di gioia. Mi ringraziava, piangeva senza riuscire a fermarsi”.

Secondo Bongiorno, la decisione del tribunale rappresenta molto più che una condanna.

“La mia assistita in questi anni è stata crocifissa e massacrata, ha subito un processo parallelo sui media e sui social. Questa sentenza non cancella la sofferenza, ma le restituisce il significato del coraggio di aver denunciato. È un messaggio importante: quando ci sono violenze, non vince l’ostruzionismo, vince chi trova la forza di denunciare”.

Il peso delle polemiche: il video di Beppe Grillo

Il caso ha avuto una risonanza pubblica enorme anche per le parole pronunciate nel 2021 da Beppe Grillo, che aveva difeso il figlio con un video destinato a suscitare indignazione.
Seduto davanti a un computer, il garante del Movimento 5 Stelle aveva attaccato i giornali e messo in dubbio la versione della ragazza: “Mio figlio è su tutti i giornali ma non ha stuprato nessuno. C’è un video che dimostra la consensualità. Ragazzi che ridono, che si divertono…”.

Grillo aveva insistito su due elementi: il fatto che la giovane avesse praticato sport acquatici poche ore dopo la presunta violenza e che la denuncia fosse arrivata dopo otto giorni. Argomenti subito contestati da giuristi e associazioni: la legge consente infatti di denunciare fino a un anno dopo e il comportamento successivo della vittima non può invalidare la violenza subita.

Quelle parole, definite da molte forze politiche come un caso di “vittimizzazione secondaria”, sollevarono critiche bipartisan: da Maria Elena Boschi, che parlò di frasi piene di maschilismo, a Teresa Bellanova, che invitò a rispettare anche il dolore della giovane donna.

Politica e società divise

Il video di Grillo divise anche il Movimento 5 Stelle. Se alcune figure come Paola Taverna o Vito Crimi espressero solidarietà al comico “come padre”, altre donne in politica, soprattutto nel Partito Democratico e in Italia Viva, denunciarono il rischio di minimizzare la violenza e delegittimare le vittime.

L’associazione Dire – Donne in Rete contro la violenza parlò di “classico schema di colpevolizzazione della vittima”, mentre il segretario della Lega Matteo Salvini parlò di “garantismo a giorni alterni”.

Una sentenza che segna un passaggio storico

La decisione del tribunale non chiude del tutto la vicenda, perché la difesa ha già annunciato l’appello. Ma rappresenta un passaggio di enorme rilievo: un primo riconoscimento giudiziario dopo anni di indagini, udienze e polemiche.

Per la giovane vittima, oggi adulta, è un momento di riscatto personale e simbolico. Per la società italiana, una vicenda che riporta al centro il tema della violenza sessuale, delle difficoltà delle vittime a denunciare e del peso mediatico quando a essere coinvolti sono nomi noti.