L’addio degli USA all’OMS scuote la sanità mondiale

La decisione di Washington mina la ricerca biomedica, la telemedicina e la cooperazione internazionale: il futuro della salute pubblica è a rischio

USA fuori OMS

Quando il presidente Donald Trump ha annunciato il ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, il mondo ha trattenuto il respiro. Un’uscita che non è solo un atto politico, ma un colpo diretto al cuore della cooperazione internazionale in materia di salute pubblica. Gli Stati Uniti, tra i principali finanziatori dell’OMS con circa il 14,5% del suo budget, hanno sempre giocato un ruolo fondamentale nella ricerca, nell’innovazione digitale e nella regolamentazione sanitaria globale. Ora, con il loro ritiro, il sistema sanitario mondiale si trova a un bivio: proseguire in un percorso di progresso condiviso o frammentarsi in un mosaico di soluzioni isolate e meno efficaci.

Uno degli ambiti più colpiti sarà la telemedicina, un settore che negli ultimi anni ha rivoluzionato l’accesso alle cure, soprattutto in aree remote o economicamente svantaggiate. Piattaforme come Teladoc Health e Amwell, leader nel settore, hanno permesso a milioni di persone in tutto il mondo di ottenere consulenze mediche a distanza, migliorando la qualità della vita di pazienti con malattie croniche, patologie rare o bisognosi di assistenza specialistica. L’OMS ha svolto un ruolo cruciale nella definizione di standard globali per la telemedicina, garantendo che questi servizi fossero accessibili e sicuri. Con l’uscita degli Stati Uniti, si teme che questi standard possano perdere coerenza e applicabilità a livello internazionale, creando barriere insormontabili tra i diversi sistemi sanitari nazionali.

Ma le conseguenze non si fermano qui. Il ritiro di Washington avrà un impatto devastante anche sulla ricerca e sviluppo tecnologico in ambito sanitario. Gli Stati Uniti sono da sempre un motore trainante nella ricerca biomedica, con investimenti miliardari in studi su malattie infettive, terapie innovative e intelligenza artificiale applicata alla medicina. Con la loro uscita dall’OMS, si prevede un rallentamento nella condivisione dei dati e delle scoperte scientifiche a livello globale, con un rischio concreto di indebolire la capacità di risposta collettiva a nuove pandemie. La storia recente lo dimostra: nel 2020, la Cina ha condiviso con l’OMS la sequenza genetica del coronavirus, permettendo una rapida reazione da parte della comunità scientifica internazionale. Senza la partecipazione attiva degli Stati Uniti, chi garantirà che in futuro la circolazione delle informazioni avvenga con la stessa rapidità ed efficacia?

Le ripercussioni si sentiranno anche in Italia e in Europa. L’Unione Europea ha investito molto nell’interoperabilità dei sistemi sanitari digitali, con iniziative come il Fascicolo Sanitario Elettronico e lo European Health Data Space. Tuttavia, la collaborazione con gli Stati Uniti è sempre stata un elemento chiave per armonizzare gli standard internazionali. Il progetto Trillium Bridge, ad esempio, ha dimostrato l’importanza di una connessione tra i dati sanitari europei e quelli americani per migliorare la qualità dell’assistenza ai cittadini di entrambi i continenti. Ora, questa sinergia rischia di dissolversi, lasciando spazio a una regolamentazione più rigida e meno efficiente, con barriere burocratiche che ostacoleranno lo sviluppo di nuove tecnologie sanitarie globali.

Il ritiro americano dall’OMS, inoltre, rischia di compromettere anche la lotta alle malattie infettive nei Paesi in via di sviluppo. Gli Stati Uniti hanno sempre giocato un ruolo di primo piano nella distribuzione di vaccini e nella ricerca per debellare malattie come la poliomielite in Africa. Senza il loro sostegno finanziario e tecnologico, il raggiungimento degli obiettivi sanitari globali potrebbe subire un drammatico rallentamento, con un costo umano incalcolabile.

Ma forse l’aspetto più preoccupante di questa decisione è il suo impatto a lungo termine sulla fiducia nella cooperazione sanitaria internazionale. L’OMS ha rappresentato per decenni un punto di riferimento per la definizione di strategie sanitarie condivise, basate su dati scientifici e su una visione d’insieme che superasse i confini nazionali. L’uscita degli Stati Uniti segna un precedente pericoloso: altri Paesi potrebbero seguire l’esempio, riducendo il peso dell’OMS e favorendo un approccio più individualista e frammentato alla gestione della salute pubblica.

Non tutto, però, è già scritto. La pressione internazionale affinché gli Stati Uniti riconsiderino questa scelta è forte, e l’OMS stessa sta lavorando per mantenere aperto il dialogo con Washington. La speranza è che prevalga la consapevolezza che la salute globale non può essere trattata come una questione politica o economica, ma deve restare un obiettivo comune, un pilastro imprescindibile della sicurezza e del benessere di tutti. Il mondo ha bisogno di collaborazione, non di divisioni. E forse, anche di fronte a una scelta così drastica, c’è ancora spazio per il ripensamento.

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