Galeotto isterico evade dal carcere per sfuggire a un destino da romanzo d’appendice. La donna, sempre accanto, aiuta il malcapitato nella preparazione e nello svolgimento del piano. Il capo della gang cui l’uomo era affiliato lo perseguita per dei vecchi debiti. Al quadro si aggiunge un’aspirante avvocata innamorata che seguirà la coppia ufficiale in un viaggio verso la libertà. Il protagonista s’innamora della nuova lady e i problemi continuano. Criminali alle costole e una donna gelosa potrebbero interrompere il sogno ma il destino è beffardo.
Schiavo della furia è un film del 1948 diretto da Anthony Mann. Direttamente ascrivibile al cinema classico è un lavoro che conserva tutti gli stilemi della vecchia Hollywood senza apparire minimante datato. La storia scorre senza alcun punto morto mantenendo così un ritmo molto alto. In schiavo della furia coesistono più generi, dal melo al drammatico, ma è il poliziesco a farla da padrone. Rick il boss è un personaggio spietato che dimostra tutta la sua tracotanza nei confronti del prossimo in stile vecchia criminalità.
John ,l’evaso, è un essere dal passato brillante masticato da una società che lo ha quasi costretto a delinquere. Sullo sfondo le due donne sembrano inconsapevoli partecipanti mosse da obiettivi diversi. Se Ann, la buona, vorrebbe redimere John Katy, si lega a lui in maniera diretta assecondandone ogni istinto per un tornaconto personale. La fotografia è perfetta nel dipingere ambienti loschi che esaltano le indoli criminali dei protagonisti.
Nel film non esiste il bene, perfino Ann verrà a contatto con il suo lato oscuro. Un cinema prima del western per Mann che dimostra quanto fosse in grado di intrattenere variando stile di regia secondo gli ambienti. Rispetto a cavalli e praterie, genere per cui il regista è noto, in Schiavo si raccontano ambienti urbani post bellici dove la povertà e il cinismo erano di casa. Il film è un esempio di cinema sociale e psicologico ma in grado di non appesantirsi grazie a storie semplici e complesse .