
A due anni dalla scomparsa di Silvio Berlusconi, è doveroso domandarsi cosa rimanga davvero della sua eredità politica. Non tanto in termini di sigle o simboli, quanto di visione, di identità e di quel carisma che riusciva a tenere unito, a volte per miracolo, un centrodestra fatto di anime diverse, ma coordinate. Oggi, quell’eredità sembra essersi smarrita, dispersa tra compromessi al ribasso e derive ideologiche che nulla hanno a che vedere con lo spirito liberale che fu il cuore pulsante della sua azione politica.
Il centrodestra di oggi, guidato soprattutto da Giorgia Meloni e Matteo Salvini, è irriconoscibile rispetto al progetto originario che Berlusconi aveva concepito e realizzato con Forza Italia. Un progetto dove il liberalismo non era una parola d’archivio, ma la stella polare: libertà economica, stato leggero, garantismo, Europa come casa comune, atlantismo senza ambiguità. Oggi, invece, questi valori sembrano meri orpelli retorici, sacrificati sull’altare di un sovranismo tattico e di un nazionalismo a tratti caricaturale, più incline a cavalcare paure che a offrire soluzioni.
Forza Italia, oggi, appare come un fantasma gentile nella maggioranza: presente, ma senza voce. Antonio Tajani, per quanto uomo delle istituzioni, non è Berlusconi. Non ha né il peso né la determinazione per imporsi su alleati che, ogni giorno di più, spingono verso un’identità di destra radicale. Temi come i diritti civili, la giustizia giusta, la politica estera pragmatica e il rispetto delle istituzioni europee sono stati svuotati di significato. Non perché siano stati apertamente rinnegati, ma perché sono stati silenziati. O peggio, ignorati.
E poi c’è la questione internazionale. Berlusconi, con tutte le sue contraddizioni, non ha mai avuto timore di esporsi. Che si trattasse di guerra o di diplomazia, sapeva muoversi con la consapevolezza e la prontezza del leader. Oggi, invece, il governo si rifugia dietro dichiarazioni prudenti, bloccato dal timore di scontentare non solo l’elettorato più radicale, ma anche altri leader internazionali. Di fronte ai grandi scenari, dall’Ucraina al Medio Oriente, fino all’Europa, mancano scelte coraggiose. Le parole non mancano, ma gli atti concreti latitano.
L’assenza di Berlusconi ha lasciato un vuoto di leadership che nessuno ha saputo o voluto colmare. La maggioranza che oggi governa non è più quella del centrodestra plurale e moderato, ma una coalizione sbilanciata, dove l’anima liberale è compressa ai margini. Un tempo era Berlusconi a dettare la linea, oggi è Forza Italia a rincorrere le decisioni altrui, spesso accettando compromessi che con il suo DNA politico c’entrano poco o nulla.
Ecco perché, a due anni dalla sua morte, il vero lascito di Silvio Berlusconi rischia di essere dimenticato. Non nei monumenti, né nelle commemorazioni, ma nell’assenza di coraggio di chi dovrebbe difendere, oggi più che mai, la sua visione. Il liberalismo italiano ha perso il suo più tenace interprete. E quel vuoto si sente, eccome se si sente.