Victoria Roshchyna: la voce della verità ridotta al silenzio con la tortura

La giornalista ucraina è stata arrestata, seviziata e uccisa per aver raccontato la brutalità dell’occupazione russa. Il suo corpo, martoriato e irriconoscibile, è stato restituito mesi dopo, nascosto tra centinaia di cadaveri. Un crimine di guerra che grida giustizia.

Victoria Roshchyna

Victoria Roshchyna (Viktorija Roščyna) nasce il 6 ottobre 1996 a Zaporizhzhia, nel cuore dell’Ucraina. Fin da giovanissima coltiva una passione ardente per il giornalismo. Frequenta la cronaca nera e giudiziaria locale con rigore e determinazione, affermandosi presto come una voce credibile nel panorama mediatico ucraino.

Quando la Russia invade l’Ucraina nel febbraio 2022, Victoria non esita: lascia la sicurezza per diventare una reporter di guerra. Documenta la vita nei territori devastati, raccoglie testimonianze dalla prima linea, denuncia bombardamenti, deportazioni e violenze. Collabora con testate come Ukrainska Pravda, Radio Free Europe e Hromadske, raccontando la realtà più dura con lucidità e coraggio.

Victoria Roshchyna, braccata: la fuga, gli arresti, la persecuzione

Victoria Roshchyna sa di essere nel mirino. La sua capacità di documentare gli orrori dell’invasione è una minaccia per chi vuole cancellare la verità. Durante l’assedio di Mariupol, nel marzo 2022, viene arrestata da militari russi ma riesce a fuggire, rifugiandosi in uno scantinato con altri civili.

Qualche mese dopo, l’auto su cui viaggia viene presa di mira dai carri armati. Lei e il cameraman scappano, ma al ritorno trovano tutto rubato: computer, telefoni, attrezzature. Pochi giorni dopo, Victoria viene catturata e condotta nella prigione di Berdiansk, dove resta per dieci giorni. Viene rilasciata solo dopo aver registrato un video di propaganda nel quale finge gratitudine verso i suoi carcerieri.

Una volta libera, denuncia tutto. Scrive un dettagliato reportage sull’esperienza in carcere e continua a lavorare. Per la sua tenacia e il suo coraggio, nel 2022 riceve il Courage in Journalism Award dalla International Women’s Media Foundation. Ma non ritira il premio: è ancora sul campo, impegnata a documentare l’invasione.

L’ultimo reportage: Victoria Roshchyna scomparsa nel nulla

Nel luglio 2023 Victoria parte per un’inchiesta sull’esplosione della diga di Kakhovka, in un’area sotto occupazione russa. Passa dalla Polonia, entra in Russia e contatta la famiglia per l’ultima volta il 3 agosto, dopo aver superato i controlli. Poi, il silenzio.

Il 12 agosto, viene denunciata la sua scomparsa. Il padre, Vladimir, lancia un appello ai media e al governo ucraino. Racconta il suo dolore e la forza incrollabile della figlia: “Le ho chiesto di fermarsi, di pensare alla sua vita. Ma per lei raccontare era più importante di qualsiasi sicurezza”.

Il 21 settembre 2023, la famiglia presenta denuncia ufficiale. I servizi segreti ucraini confermano che Victoria è detenuta in Russia, ma le autorità russe non forniscono dettagli. Solo il 22 aprile 2024, una lettera dal governo russo ne certifica la prigionia, senza motivazioni né accuse formali.

La conferma della morte: una verità mutilata

Il 10 ottobre 2024 arriva l’annuncio che nessuno voleva ricevere: Victoria è morta. Secondo i russi, la sua morte sarebbe avvenuta il 19 settembre, per “cause naturali”, mentre era detenuta a Taganrog. La notizia scuote l’Ucraina e la comunità internazionale. L’Unione Europea parla di “detenzione arbitraria”. Reporter senza frontiere e attivisti per i diritti umani chiedono chiarezza. Il presidente Zelenskyy definisce la sua morte “un colpo devastante”.

Ma la verità, atroce, viene a galla mesi dopo.

Nel febbraio 2025, il corpo viene restituito all’Ucraina durante uno scambio di cadaveri. Victoria è irriconoscibile. Il suo cadavere era tra altri 757, etichettato come “maschio non identificato”. Solo l’esame del DNA ne conferma l’identità. Ma il corpo racconta l’orrore: segni evidenti di torture, contusioni, costole rotte, bruciature compatibili con scosse elettriche. Il cervello, gli occhi e parte della trachea sono stati rimossi, probabilmente per occultare le cause della morte.

La famiglia, devastata, chiede giustizia. Il Procuratore generale ucraino avvia un’indagine per omicidio e crimine di guerra. È chiaro: Victoria è stata brutalmente torturata e uccisa.

La violenza contro la verità

La storia di Victoria Roshchyna è un pugno nello stomaco. Una giovane donna, armata solo di taccuino e coraggio, è stata perseguitata, umiliata, uccisa per aver osato raccontare. Non una vittima collaterale della guerra, ma un bersaglio consapevole: perché la verità, per chi occupa e opprime, è il nemico più pericoloso.

Il suo corpo martoriato è il simbolo di quanto lontano può spingersi la violenza quando si vuole cancellare una voce libera. Ma Victoria non è stata ridotta al silenzio: il suo sacrificio, la sua determinazione, le sue parole vivranno nella memoria collettiva di chi ancora crede che raccontare sia un atto rivoluzionario.

Conclusione: indignazione e memoria

Victoria Roshchyna non deve essere dimenticata. La sua uccisione è un atto disumano che va denunciato con forza. È il dovere di ogni giornalista, di ogni lettore, di ogni essere umano libero continuare a raccontare la sua storia. Perché la verità, anche se sepolta tra 757 corpi, alla fine trova sempre la via per uscire.