Venezia78 E’ stata la mano di Dio

La formazione di Fabio nella Napoli degli anni ottanta è accompagnata da personaggi degni di Balzac. Ogni elemento della sua famiglia racchiude alcune peculiarità che formano l’universo sereno di un adolescente. La timidezza solitaria di Fabio si sfoga nell’immaginazione e nella passione per Diego Maradona, un mondo tranquillo destinato a sconvolgersi a causa del destino.

E’ stata la mano di Dio, ultimo film di Paolo Sorrentino, è un viaggio nella memoria del regista e dei suoi anni giovanili. Napoli come sfondo a un’adolescenza tranquilla dove il protagonista è libero di esprimere le proprie debolezze trasformandole in creatività. Fabio non è un ragazzo sociale, ma ha una fantasia che lo porta a cambiare prospettiva alle cose, trovando sempre il lato migliore.

Il film comincia come una commedia, dove il sorriso abbonda e il ritmo ricorda un teatro Eduardiano in versione odierna, per poi cambiare registro. Raccontare un dramma non è cosa semplice ma il regista, persona sensibile, accompagna lo spettatore con scelte misurate. C’è molto Fellini in E’ stata la mano di dio, ma anche tutti gli autori che hanno influenzato il lavoro di Sorrentino. Il regista mantiene la sua mano proponendo la versione di un abbandono e di una riconciliazione con la città più creativa del pianeta.

La seconda parte del film abbandona l’atmosfera goliardica per raccontare una deriva “obbligata” che impone al protagonista una serie di difficili scelte. La direzione è perfetta nel mutare secondo le esigenze narrative senza perdere mai di vista l’interiorità del protagonista. Un affresco di un tempo e un luogo che hanno rappresentato la crescita dell’artista, entrambi raccontati con profonda onestà.

La sceneggiatura in continua evoluzione riesce a fissare i personaggi rendendoli elementi essenziali dell’arte varia che sembra essere la vita. L’ambiente è barocco ed elegante, proprio di una Napoli in grado di offrire angoli di estremo interesse e persone che li abitano esaltandone la classe. Il Maradona evocato nel titolo diventa una sorta di guardiano della città e dei suoi abitanti, impegnati ogni giorno e in maniera diversa nell’esercitare la fine arte di vivere.