
A meno di due settimane dagli arresti che avevano fatto tremare Palazzo Marino, due dei nomi di punta dell’inchiesta sull’urbanistica milanese tornano in libertà. Il costruttore Andrea Bezziccheri e l’architetto Alessandro Scandurra, finiti rispettivamente in carcere e ai domiciliari lo scorso 31 luglio, hanno visto il Tribunale del Riesame annullare le misure cautelari a loro carico. Nessuna misura alternativa, motivazioni fra 45 giorni.
Se la decisione del Riesame dovesse poggiare, come appare probabile, sull’assenza di “gravi indizi” o sulla carenza di esigenze cautelari, sarebbe un duro colpo per la Procura, che ha già annunciato ricorso in Cassazione. Ma il segnale politico-giudiziario è chiaro: un’inchiesta presentata come granitica mostra, già in apertura, crepe profonde.
Difficile non prevedere un effetto domino. Giovedì toccherà all’ex assessore comunale Giancarlo Tancredi, all’imprenditore brianzolo Federico Pella e a Giuseppe Marinoni, anch’egli ex componente della commissione paesaggio. Il 20 agosto sarà la volta di Manfredi Catella, nome pesante dell’immobiliare milanese. Se la logica seguita dal Riesame verrà replicata, anche per loro la porta di casa potrebbe aprirsi presto.
Parliamo di un’inchiesta che conta oltre settanta indagati. Numeri imponenti, ma che rischiano di frantumarsi in mille rivoli, tra stralci, prescrizioni e contestazioni ridimensionate. È il destino di molte indagini “monstre” italiane: l’impatto mediatico iniziale è potente, il clamore alimenta titoli e indignazione, ma la tenuta in aula è un’altra storia.
Qui non si tratta di assolvere o condannare anzitempo. Il punto è la sproporzione tra la macchina spettacolare dell’arresto e la fragilità che talvolta emerge appena il caso approda nelle aule del riesame. È una dinamica che logora la fiducia dei cittadini, rafforza i sospetti di giustizia a orologeria e lascia sul campo un dubbio pesante: quanto serve colpire l’immagine di persone e istituzioni prima di averne la certezza della colpa?
Se davvero questa indagine finirà per perdere pezzi, sarà l’ennesima lezione su come il giustizialismo mediatico non coincida con la giustizia. E Milano, ancora una volta, rischia di vedere più fumo che arrosto.