
È iniziata a Tuam, nella contea di Galway, un’operazione forense tanto attesa quanto dolorosa: il recupero dei resti di circa 800 bambini che si presume siano stati sepolti sotto l’ex istituto per madri e bambini gestito dalle suore di Bon Secours. Il sito, soprannominato “la fossa”, altro non sarebbe che un’ex cisterna fognaria riconvertita in sepoltura clandestina. L’area è rimasta silente per decenni, finché un’inchiesta storica non ha riportato alla luce ciò che sembrava dimenticato.
La scoperta a Tuam: i certificati di morte dei bambini senza tomba
Tutto ebbe inizio nel 2014 grazie alla determinazione della storica locale Catherine Corless. Durante le sue ricerche, Corless rinvenne 800 certificati di morte di bambini associati all’istituto di Tuam, attivo tra il 1925 e il 1961. Di questi, solo due risultavano ufficialmente sepolti in un cimitero. Il sospetto che i restanti 796 corpi fossero stati occultati nel terreno dell’ex istituto si fece via via più concreto, fino alla scioccante conferma della presenza di resti umani in una struttura sotterranea.
Un’indagine lunga cinque anni: verità, scuse e ammissioni
L’ondata di indignazione pubblica portò alla creazione di una commissione d’inchiesta indipendente, che ha lavorato per cinque anni raccogliendo testimonianze, documenti e prove sugli avvenimenti a Tuam. Il risultato fu un rapporto di quasi 3.000 pagine che ha scosso le fondamenta morali dell’Irlanda moderna. Il governo, le istituzioni religiose e la società civile furono chiamati a fare i conti con una storia fatta di repressione, violenza sistemica e negazione di dignità umana. Un atto spregevole a Tuam, dove dei bambini innocenti venivano sistematicamente gettati nella fossa fognaria in disuso.
Nel 2021, il governo irlandese ha presentato delle scuse ufficiali. Il premier Micheál Martin ha dichiarato che “abbiamo avuto un approccio profondamente distorto alla sessualità e alla moralità”, e ha riconosciuto il prezzo terribile imposto a madri e bambini da una cultura permeata di controllo religioso.
La testimonianza di una figlia: la speranza di ritrovare la sorella
Tra le voci che chiedono verità c’è quella di Annette McKay, residente a Manchester, la cui madre fu costretta a partorire nell’istituto di Tuam nel 1942, dopo uno stupro a 17 anni. La sorellina di Annette, Mary Margaret, morì a sei mesi. Annette racconta come la madre ricevette la notizia della morte della figlia da una suora, con parole fredde e accusatorie: “La figlia del tuo peccato è morta.”
Oggi, Annette spera di poter dare sepoltura dignitosa ai resti della sorella accanto alla madre, scomparsa nel frattempo. “Non importa quanto poco ne resti. Anche un frammento basta. È il rispetto che conta”, afferma.
Uno scavo lungo due anni: Tuam, identità dei bambini e giustizia postuma
Le operazioni di scavo sono condotte da una squadra guidata dall’investigatore forense Daniel MacSweeney. Si prevede che dureranno fino a due anni e includeranno analisi del DNA per identificare quanti più bambini possibile. L’obiettivo non è solo il recupero fisico dei resti, ma anche la restituzione di nomi, storie e dignità alle piccole vittime di un sistema crudele.
Tuam, la Chiesa e il silenzio: un dolore ancora vivo
Nonostante le scuse ufficiali, molti cittadini, in particolare della regione occidentale dell’Irlanda, continuano a provare rabbia per il persistente silenzio della Chiesa. L’assenza di una messa ufficiale, l’indifferenza percepita da alcuni rappresentanti ecclesiastici, e il fatto che l’arcivescovo viva a Tuam senza aver mai pubblicamente condannato con forza questi eventi, sono ferite ancora aperte per molti.
Un residente locale ha scritto: “Ciò che mi fa bollire il sangue è che questi bambini non abbiano avuto nemmeno una benedizione. Nessun riconoscimento ufficiale. Solo il silenzio.”
L’eredità di Tuam: un simbolo di verità scomode
La casa di Bon Secours di Tuam è diventata un simbolo delle ombre dell’Irlanda del XX secolo. In un Paese dove la Chiesa aveva un ruolo dominante, soprattutto nella gestione della moralità femminile, gli istituti per ragazze madri si sono trasformati in veri e propri luoghi di oppressione. Le donne venivano segregate, punite per “peccati” non loro, e private dei figli, spesso dati in adozione o, come a Tuam, sepolti nel silenzio.
“La Chiesa predicava compassione per i vulnerabili. Ma non ha mai incluso i figli illegittimi in quella compassione”, ha affermato con amarezza Catherine Corless.
L’avvio degli scavi a Tuam è un passo fondamentale verso la verità e la giustizia. È un momento di memoria collettiva, ma anche un ammonimento per le istituzioni. Questi bambini, dimenticati e sepolti senza nome, ora tornano al centro di una storia che chiede di essere raccontata fino in fondo. Solo così si potrà trasformare un passato oscuro in un impegno etico per il futuro.