
Donald Trump vuole Dio al suo fianco. E se per caso qualcuno avesse dubbi, l’ex presidente non ha perso tempo, ha riunito i principali leader evangelici, ha aperto un “Faith Office” alla Casa Bianca e ha messo in piedi una task force per combattere la “persecuzione” dei cristiani negli Stati Uniti. Insomma, sembra che la sua campagna per il 2025 abbia preso una piega mistica, condita da un risveglio religioso tanto improvviso quanto strategico.
Un colpo al cuore (e all’orecchio)
A detta di Trump, tutto è cambiato dopo un incidente quasi fatale, un proiettile sparato da un attentatore durante un comizio in Pennsylvania lo ha sfiorato, colpendolo a un orecchio. “Credevo in Dio, ma ora ci credo molto di più”, ha proclamato solennemente davanti a una colazione di preghiera. Un evento che, almeno secondo la sua narrazione, gli ha aperto gli occhi sull’importanza della Provvidenza. Ma in perfetto stile Trump, questo risveglio spirituale non ha impedito al tycoon di continuare a scagliarsi contro chi non rientra nella sua visione ultraconservatrice, LGBTQ e immigrati in primis.
Dalla Bibbia alle task force
La religione, per Trump, è diventata un pilastro della sua strategia politica. Lo si è visto già nel 2020, quando ha posato con una Bibbia davanti a una chiesa dopo che i manifestanti di Black Lives Matter erano stati sgomberati dalle forze di sicurezza. Ora, però, il tutto si è trasformato in una vera e propria operazione istituzionalizzata, un “Faith Office” alla Casa Bianca, guidato dalla telepredicatrice Paula White, e una task force supervisionata dal nuovo procuratore generale Pam Bondi per “proteggere” i cristiani. Sembra quasi che Trump voglia trasformare la Casa Bianca in una succursale della Nuova Riforma Apostolica, un movimento nazionalista cristiano che sogna un governo sotto controllo religioso.
Un curriculum non proprio “da santo”
Eppure, il rapporto di Trump con la religione è quantomeno ambiguo. Con tre divorzi alle spalle, uno stile di vita tutt’altro che devoto e una condanna per il caso Stormy Daniels, l’ex presidente non sembra il candidato ideale per rappresentare i valori cristiani. Ma non è finita qui: durante la sua campagna elettorale, ha addirittura venduto Bibbie da 60 dollari con il marchio Trump. E, nonostante tutto, i cristiani evangelici continuano a sostenerlo con entusiasmo, dimostrando che nella politica americana l’apparenza spesso conta più della sostanza.
Un governo “a immagine di Dio” (e di Trump)
La squadra che Trump ha scelto per la sua nuova amministrazione riflette perfettamente questa svolta religiosa. Il vicepresidente JD Vance, convertito al cattolicesimo, ha legami con il movimento nazionalista cristiano; il segretario alla Difesa Pete Hegseth appartiene a una chiesa che sogna di ripristinare la legge biblica e di abrogare il diritto di voto delle donne. E poi c’è Paula White, la sua consigliera spirituale, famosa per aver guidato una maratona di preghiera affinché Trump vincesse le elezioni contro Joe Biden.
La fede come arma politica
Ma non lasciamoci ingannare, questa religiosità ostentata è ben lontana da un’autentica conversione. Trump sta semplicemente usando la fede come un’arma politica per conquistare il cuore della destra religiosa americana. È un gioco astuto, che ha già funzionato nel 2016 e che potrebbe funzionare di nuovo nel 2025. Dopotutto, la sua amministrazione si è già vantata di successi che fanno battere il cuore ai conservatori, come la revoca del diritto all’aborto a livello nazionale.
Un messia (auto-proclamato)
“Salvato da Dio per salvare l’America”, ha proclamato Trump il giorno del suo insediamento. E con questa frase è riuscito a trasformare una narrazione personale in una missione politica. Ma, al di là delle sue dichiarazioni altisonanti e delle sue mosse strategiche, resta una domanda: quanto durerà questa sua “svolta religiosa”? Forse, fino a quando Dio resterà utile nella sua scalata al potere. E chissà, magari nel frattempo avremo anche un nuovo modello di Bibbia griffata Trump, rigorosamente in edizione limitata.