Un tecnico del suono si accorge di sentire le voci dall’aldilà. L’uomo sta terminando il montaggio di un documentario quando, ascoltando il suono, avverte il proprio nome in sottofondo. Dopo una ricerca sulla provenienza di questi “strani” richiami scoprirà una parte oscura del suo passato. Con l’aiuto di uno scienziato giapponese, Alex ricorderà gli anni precedenti tra la permanenza in un orfanotrofio e la sparizione di un amico. Il puzzle prenderà una nuova forma quando Amanda, una compagna d’infanzia, tornerà misteriosamente nella sua vita.
They talk è il nuovo lavoro di Giorgio Bruno, regista sapiente che ispira il suo lavoro agli horror classici degli anni 80. Il film conta su un’ottima costruzione di quelle atmosfere, proprie del genere, in grado di turbare lo spettatore. Dotata di una buona suspense, la storia riesce a mantenere un ritmo proprio delle ambientazioni oscure sviluppando un giallo soprannaturale ricco di dettagli e sorprese.
La notevole cura dei dettagli e una fotografia piena di contrasti garantiscono l’aderenza al cinema di vecchio stile mentre gli sviluppi della trama sono una citazione voluta ai canoni propri del genere terrifico. L’idea di utilizzare il suono come veicolo di paure ricorda classici del cinema di De Palma come Blow up ma attualizzati attraverso effetti marcati in grado di amplificarne la riuscita.
Un horror girato in inglese che prova a prendersi il suo spazio sul mercato internazionale seguendo le orme di vecchi maestri come Fulci . A prescindere dal risultato They Talk è un tentativo lodevole di ripresentare nel Belpaese un genere che sonnecchia da troppi anni. Il cinema di nicchia (horror) è da sempre territorio arduo e raggiungere la perfezione quasi impossibile. Salutiamo il film come un’iniziativa di grande creatività basata soprattutto sulla nostalgia.