
L’Italia si trova di fronte a un’emergenza strutturale legata alla sostenibilità del proprio sistema previdenziale. Nel 2025, la spesa pensionistica raggiungerà 289 miliardi di euro, equivalente al 15,3% del PIL nazionale. Ma il vero allarme arriva dalle proiezioni demografiche. Entro il 2050, oltre un terzo della popolazione sarà composta da over 65.
La conseguenza diretta di questo invecchiamento progressivo è l’erosione del rapporto tra lavoratori attivi e pensionati. Secondo Eurostat, entro il 2070 l’indice di dipendenza degli anziani potrebbe superare il 65%, ben oltre la media europea. Questo scenario impone interventi urgenti e mirati per garantire la tenuta del sistema pensionistico pubblico.
Una proposta innovativa: TFR sotto la gestione dell’INPS
Per fronteggiare la crisi del welfare, si fa strada una proposta che potrebbe cambiare radicalmente il futuro del Trattamento di Fine Rapporto. La sua gestione verrebbe affidata direttamente all’INPS.
Sostenuta dal sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, l’iniziativa prevede che il TFR maturato dai lavoratori non venga più accantonato dalle aziende né destinato ai fondi pensione integrativi, ma gestito dallo Stato. L’obiettivo è rafforzare la previdenza pubblica senza imporre nuovi oneri fiscali.
Nuova funzione del TFR: pensioni flessibili e sostenibili
La riforma mira a utilizzare il TFR come leva per anticipare l’accesso alla pensione e renderla più flessibile, soprattutto per quei lavoratori penalizzati dai criteri attuali.
Non si tratterebbe della creazione di un fondo separato o di una banca previdenziale pubblica. Sarebbe un utilizzo diretto dei contributi di fine rapporto per superare alcuni ostacoli esistenti. Un esempio concreto riguarda il superamento della soglia del “moltiplicatore 3,2”, che oggi impedisce a molti di andare in pensione nonostante abbiano maturato i requisiti contributivi.
Il nodo centrale: vincolo d’uso e fine degli anticipi
Uno degli aspetti più controversi della proposta riguarda l’impossibilità, per il lavoratore, di richiedere anticipi sul TFR per spese personali.
Attualmente, è possibile ottenere una parte del TFR per l’acquisto della prima casa o per coprire spese sanitarie. Con la riforma, il capitale accumulato diventerebbe indisponibile fino al pensionamento, trasformandosi in una sorta di “cassaforte vincolata” gestita dallo Stato.
Dal punto di vista giuridico, la proprietà del TFR resterebbe comunque del lavoratore. Però il vincolo sull’utilizzo ne cambierebbe profondamente la funzione originaria di sostegno in caso di necessità.
Giovani e previdenza complementare: verso il silenzio-assenso
Parallelamente alla proposta di gestione pubblica del TFR, il dibattito si concentra anche sull’insufficiente adesione dei giovani ai fondi pensione integrativi.
Il presidente dell’INPS, Gabriele Fava, ha evidenziato come solo un giovane su quattro sotto i 35 anni abbia aderito a forme di previdenza complementare. Per invertire questa tendenza, si valuta il ritorno al sistema del “silenzio-assenso”. Se il lavoratore non manifesta esplicitamente una scelta, il TFR verrebbe destinato automaticamente a un fondo pensione.
Pro e contro: cosa cambia per i lavoratori
L’introduzione della gestione pubblica del TFR porta con sé vantaggi e criticità. Tra i benefici, spicca la possibilità di utilizzare il capitale per anticipare la pensione. Questo garantirebbe maggiore flessibilità in uscita per i lavoratori con carriere discontinue o penalizzati dalle attuali normative. Inoltre, una gestione centralizzata all’INPS potrebbe offrire maggiore trasparenza e sicurezza.
Tuttavia, non mancano gli aspetti negativi: il più evidente è la perdita della libertà d’uso del TFR in vita lavorativa. Il lavoratore non avrebbe più accesso al proprio capitale per affrontare spese straordinarie o investimenti familiari, con il rischio di percepire il trattamento di fine rapporto come un risparmio “espropriato” fino alla pensione.
Anche i potenziali ritardi nell’erogazione o le incertezze legate alla gestione statale del denaro potrebbero ridurre la fiducia nel sistema.
Verso la Legge di Bilancio 2026: tempi e prospettive
Il Governo potrebbe inserire la riforma del TFR nella prossima Legge di Bilancio 2026 o adottare un decreto legge specifico.
In un contesto economico in cui le risorse pubbliche sono limitate e la spesa sociale è destinata a crescere, la gestione pubblica del TFR rappresenta un tassello strategico per ridisegnare l’equilibrio previdenziale italiano.
Il vero interrogativo rimane però aperto: sarà possibile garantire pensioni adeguate e sicure senza sacrificare la libertà dei lavoratori e senza gravare sulle nuove generazioni?