Se Netanyahu accetta i “consigli’ di Biden su West Bank

This is a locator map of Israel and the Palestinian Territories. (AP Photo)

Pochi giorni fa il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu avrebbe garantito a Biden di voler limitare il piano di nuovi insediamenti ebraici in Giudea e Samaria (West Bank) fino, quanto meno, al termine del 2024. Dichiarazione fatta per compiacere l’amministrazione americana che era stata, a ragione o a torto, piuttosto dura sul punto negli ultimi tempi.Se la notizia e soprattutto se la decisione del premier israeliano sarà confermata, quali conseguenze potrebbe avere? Perchè occorre sempre tenere a mente che Giudea e Samaria sono fondamentali sia per l’Ebraismo che per la sicurezza e la sopravvivenza dello Stato di Israele. E una  sempre più ampia presenza ebraica, checchè se ne voglia dire, è garanzia del mantenimento della pace.

Non solo gli Ebrei sono profondamente legati a quella terra, per motivi affettivi prima che religiosi ma quella terra spetta loro, è sempre importante ricordarlo, per motivi di diritto internazionale: la Risoluzione di Sanremo del 1920 (ratificata dalla Società delle Nazioni con il Trattato di Sevres) attribuiva al popolo ebraico, alla scadenza del mandato britannico, addirittura la esclusiva titolarità non solo dell’ intera Cisgiordania ma altresì della Transgiordania (poi sottratta a sovranità ebraica con il Memorandum sulla Transgiordania del 1922).
Risoluzione di Sanremo e Trattato di Sevres hanno valore di trattati internazionali, validi ed efficaci de jure verso chiunque.

Ancora, congelare il piano di insediamenti significa congelare la possibilità della popolazione ebraica lì residente di aumentare numericamente mentre aumenta la popolazione araba. che continua a costruirvi illegalmente abitazioni, spesso grazie ai finanziamenti occidentali. Rinunciare significherebbe arretrare, e si è visto quali sono stati gli effetti degli abbandoni di campo da parte israeliana nel passato. Si tratta inoltre di territori che guardano dall’alto la piana in cui si trovano città come Tel Aviv e Haifa e la parte più popolata e produttiva di Israele. Perdere il controllo di quell’area potrebbe lasciare il campo a forze e organizzazioni estremiste e terroriste a cui verrebbe estremamente facile colpire lo stato ebraico compromettendo la sicurezza di milioni di persone e quindi la sopravvivenza dello Stato.

Una massiccia presenza ebraica è anche garanzia di mantenimento della pace, e non solo perchè impedisce l’insediamento di organizzazioni terroristiche. Sono infatti migliaia i palestinesi che lavorano in Giudea e Samaria per aziende ebraiche, percependo compensi quasi tre volte superiori a quelli dei palestinesi che lavorano per palestinesi. Ciò che consente ai palestinesi di quell’area un tenore di vita decisamente più alto di quelli che vivono e lavorano nei territori amministrati da PA. Vivere e lavorare insieme significa anche imparare a conoscersi, significa costruire ponti di comunicazione che altrimenti non esisterebbero. a tutto beneficio di entrambe le parti, della loro coesistenza e della pace.

Le dichiarazioni di Netanyhau sarebbe state poi ritrattate dal consigliere alla Sicurezza Nazionale israeliano e dalla stesso Primo Ministro ma vedremo quale sarà la posizione dell’Alto Consiglio della Pianificazione che dovrebbe riunirsi prossimamente.

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