
Ieri, al Forum delle Tecnologie del Futuro, che si conclude oggi a Mosca, Vladimir Putin ha tracciato le linee guida della strategia russa per l’innovazione scientifica e tecnologica. L’evento ha riunito ricercatori, imprenditori e scienziati, con un focus specifico sulla chimica e sui nuovi materiali, settori chiave per rafforzare la sovranità tecnologica del Paese. Tuttavia, mentre il Cremlino guarda avanti, puntando sull’autosufficienza e sul progresso, persistono contraddizioni e ritardi che ostacolano la realizzazione di progetti strategici.
“La Russia non estrae ancora il litio, sebbene avrebbe potuto farlo 10-15 anni fa”. Questa affermazione, diffusa dal canale Mash, evidenzia il ritardo del Paese nello sfruttamento delle proprie risorse. Un ritardo che stride con l’obiettivo dichiarato da Putin di raggiungere l’eccellenza scientifica. Nel frattempo, la Russia continua a importare litio per soddisfare la domanda interna, con fonti di approvvigionamento che includono paesi dell’America Latina, come la Bolivia, con cui Mosca ha discusso potenziali accordi.
Durante il forum, lo zar ha espresso preoccupazione per il declino dell’insegnamento della chimica: “Purtroppo, il numero di giovani insegnanti di chimica nelle scuole è in diminuzione, mentre la percentuale di docenti di chimica sopra i 65 anni è in aumento. Chiedo di esaminare la situazione nelle nostre università”. Questo problema mette in dubbio la capacità della Russia di formare una nuova generazione di scienziati all’altezza delle sfide future.
Nel suo discorso, il presidente ha manifestato rammarico per la dispersione dell’eredità industriale sovietica: “Oggi ci si sente in imbarazzo di fronte ai creatori dell’industria chimica sovietica per il fatto che la loro eredità sia stata dissipata”. Un’ammissione che contrasta con la retorica del Cremlino sulla continuità del potere russo.
Putin ha annunciato un massiccio piano di investimenti per rilanciare la ricerca scientifica: “Per il progetto nazionale sui nuovi materiali e la chimica, nel periodo 2025-2030, il bilancio statale stanzierà quasi 170 miliardi di rubli. Gli investimenti delle aziende potrebbero ammontare a circa un trilione di rubli”, ha dichiarato. Parallelamente, il governo mira ad attrarre scienziati, inclusi quelli attualmente all’estero, con il rilancio del programma di mega-grant, volto a incentivare la ricerca di alto livello. Putin ha dichiarato: “Senza dubbio, supporteremo il loro impegno”.
Il presidente ha affrontato il tema delle sanzioni occidentali, ribadendo la resilienza della Russia: “Le sanzioni ci hanno fatto bene. Faremo tutto, tranne i banani. Anche se, a dire il vero, abbiamo già iniziato a produrli: sono un po’ costosi, ma va bene così!”. Un’affermazione ironica che nasconde le difficoltà di un’economia sempre più isolata.
Il ruolo dei BRICS e la cooperazione scientifica sono fondamentali per la Russia, rappresentando una piattaforma strategica di sviluppo. “I BRICS sono ormai di fatto un motore per la crescita socioeconomica e tecnologica del Sud Globale e, più in generale, su scala mondiale. Tuttavia, non intendiamo erigere barriere alla collaborazione con gli scienziati occidentali”. È evidente che questa dichiarazione si scontra con la crescente chiusura politica e diplomatica del Paese, evidenziando una contraddizione nel suo approccio internazionale.
Parallelamente, la Russia ha mostrato interesse per le risorse di litio in Ucraina. Le truppe russe hanno preso il controllo di un giacimento di litio considerato uno dei più grandi d’Europa, situato nei pressi del villaggio di Ševcčenko, nella regione di Donetsk. Questo giacimento contiene una significativa quantità di litio, essenziale per la transizione energetica e lo sviluppo di tecnologie come i veicoli elettrici e le energie rinnovabili.
Nonostante gli investimenti promessi e la retorica sull’autosufficienza tecnologica, la Russia si trova di fronte a sfide strutturali che potrebbero comprometterne le ambizioni. Le sanzioni occidentali e la fuga di cervelli stanno già frenando il settore della ricerca e dello sviluppo, mentre la dipendenza da fornitori esteri, come Bolivia e Cina, mina l’obiettivo dell’indipendenza industriale.
Se la guerra in Ucraina dovesse concludersi, Mosca potrebbe tentare un riavvicinamento con alcuni partner europei per mitigare l’isolamento economico, ma senza un accesso diretto ai mercati occidentali il suo ruolo nel settore del litio rischia di restare marginale. Il rafforzamento dei legami con i BRICS e con Pechino appare più una necessità che una scelta strategica, con il rischio che la Russia diventi un fornitore di materie prime anziché un leader tecnologico.
L’obiettivo del 10% del mercato globale entro il 2030 resta quindi un traguardo incerto: più che una proiezione realistica, sembra un’aspirazione che dovrà scontrarsi con vincoli economici, tecnologici e geopolitici che il Cremlino fatica ancora a superare.
@ riproduzione riservata