Paolo Mendico, 15 anni, vittima di bullismo: i genitori contro la scuola

Il ragazzo di Santi Cosma e Damiano si è tolto la vita il primo giorno di scuola. I genitori denunciano anni di vessazioni ignorate dagli istituti e chiedono giustizia: “Nessuno ci ha mai ascoltati”.

Paolo Mendico

Il 10 settembre, giorno che avrebbe dovuto segnare un nuovo inizio, è diventato per Paolo Mendico l’ultimo capitolo della sua breve vita. Quindici anni da compiere a novembre, un carattere sensibile e una passione per la musica, la cucina e la pesca col padre. Quel mercoledì mattina, chiuso nella sua stanza, ha scelto di farla finita utilizzando la corda di uno “strummolo”, una trottola napoletana. Il padre lo chiamava per non arrivare in ritardo a scuola, ma Paolo non sarebbe mai più uscito da quella camera.

La Procura di Cassino ha aperto un fascicolo con l’ipotesi di istigazione al suicidio e ha disposto l’autopsia. Intanto, resta lo sconcerto di una comunità che si interroga e la rabbia di una famiglia che da anni denuncia: “Nostro figlio era vittima dei bulli, ma nessuno ha voluto proteggerlo”.

Gli insulti e le aggressioni verso Paolo Mendico

Paolo frequentava l’Istituto Informatico Pacinotti di Fondi. I genitori ricordano come fin dai primi giorni di scuola superiore i compagni lo etichettassero con soprannomi crudeli: “Paoletta”, “femminuccia”, “Nino D’Angelo”, per i suoi capelli biondi e lunghi. Alle parole seguirono le aggressioni: “Lo aspettavano in bagno. Prima era uno solo, poi un gruppo sempre più numeroso”.

I genitori raccontano di aver chiesto subito aiuto agli insegnanti: “Ci avevano promesso sostegno, ma tutto è terminato solo quando Paolo, stremato, decise di tagliarsi i capelli”.

Denunce rimaste inascoltate

Non era la prima volta che la famiglia si rivolgeva alla scuola. “Dalle elementari alle medie fino alle superiori – spiegano Giuseppe Mendico e Simonetta La Marra – abbiamo segnalato episodi di violenza, umiliazioni, minacce. Ma non c’è mai stata una reale protezione per nostro figlio”.

Il padre e la madre ricordano con amarezza un episodio delle elementari: “Un compagno gli puntò addosso un cacciavite in plastica dicendo che lo avrebbe ucciso. La maestra, invece di intervenire, incitò i ragazzi a ‘risolverla’ con una rissa”. Da quel momento le segnalazioni si moltiplicarono, fino ad arrivare a denunce scritte e verbali, ma mai accompagnate da azioni concrete.

L’umiliazione che ha spezzato Paolo Mendico

Per i genitori, uno degli episodi più dolorosi e forse decisivo è avvenuto durante il primo anno alle superiori. Paolo Mendico era stato rimandato in matematica, nonostante i voti complessivi fossero buoni. Il padre andò a parlare con la vicepreside, chiedendo riservatezza. “Il giorno dopo, però, durante la lezione di recupero, al nostro figlio fu detto che il padre si era lamentato con la scuola. Da quel momento Paolo si chiuse sempre più in sé stesso. Non si fidò più nemmeno di noi”, raccontano con la voce spezzata.

Un ragazzo diverso, quindi solo

Amava cucinare, preparava il pane e i biscotti per la sua famiglia. Difendeva i compagni più deboli, atteggiamento che gli valse l’etichetta di “spione”. La sua sensibilità, per i bulli, era motivo di scherno. La sera prima della tragedia aveva impastato pane e dolci, ignari che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe condiviso con i suoi genitori un gesto di normalità.

“Al funerale – sottolineano i genitori – solo uno dei suoi dodici compagni di classe si è presentato. Sul luogo della sepoltura non c’è neanche un biglietto degli amici. Questo è il segno di quanto fosse rimasto solo”.

L’ultimo messaggio

Poco prima del gesto estremo, Paolo scrisse sulla chat della classe: “Prendetemi il posto in prima fila”. Per i genitori non è un caso: “Voleva essere lì a guardare come si concluderà questa storia, come se avesse lasciato un compito a chi resta”.

La richiesta di verità e giustizia

Non solo Giuseppe e Simonetta, ma anche il fratello maggiore Ivan chiedono risposte. Ivan ha scritto una lettera aperta indirizzata alla premier Giorgia Meloni, al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara e a Papa Francesco. “Paolo ha deciso di togliersi la vita a seguito di ripetuti episodi di bullismo – scrive – e nessun intervento concreto è stato posto in essere nonostante le segnalazioni”.

La famiglia chiede che la vicenda non venga dimenticata, che si faccia luce sulle responsabilità e che il sacrificio di Paolo Mendico non rimanga vano. “Ogni suicidio di un ragazzo vittima di bullismo è un fallimento collettivo che pesa non solo sulla famiglia, ma sull’intera società”.