Con l’inizio dell’anno scolastico non sono arrivati solo libri, compiti e orari da rispettare, ma anche una serie di nuove regole sull’abbigliamento. Diversi istituti italiani hanno deciso di inasprire il proprio regolamento interno, introducendo circolari che parlano chiaro: a scuola serve un look sobrio, ordinato e rispettoso.
La richiesta, nero su bianco, è di presentarsi in classe con un aspetto che rifletta decoro e serietà. Via libera quindi a vestiti semplici e pratici, mentre finiscono sotto accusa indumenti considerati “inadeguati” al contesto scolastico: minigonne, shorts troppo corti, abiti attillati, pantaloni a vita bassa, top che lasciano scoperti addome e spalle. E non è tutto, perché il codice tocca anche accessori e cura personale.
Le circolari degli istituti: cosa è vietato
Le nuove disposizioni, seppur diverse da scuola a scuola, hanno un filo conduttore comune: allontanare dalle aule abiti che ricordino troppo l’estate o la spiaggia.
Un istituto di Villa San Giovanni (Reggio Calabria) ha vietato espressamente abiti scollati, trasparenti o eccessivamente aderenti.
In provincia di Lecce, a Conversano, la circolare mette al bando bermuda, canottiere e ciabatte, abiti ritenuti troppo casual o addirittura “balneari”.
A Trezzano sul Naviglio, alle porte di Milano, i divieti non si fermano ai vestiti: la presidenza ha scelto di inserire anche le unghie lunghe e appuntite tra i comportamenti non consentiti.
Invece, a Pisa, la linea è ancora più rigida: niente pantaloncini, in nessun caso.
Dietro queste decisioni, le scuole motivano con parole ricorrenti: decoro, rispetto reciproco, sicurezza e igiene. L’idea è che l’ambiente scolastico debba mantenere un certo ordine, evitando distrazioni o eccessi.
La voce degli studenti: tra regole e disagio
Ma come vivono i ragazzi queste nuove restrizioni? Non tutti la prendono con filosofia. Un sondaggio condotto da Skuola.net su un campione di 3.000 studenti mostra che il tema è tutt’altro che marginale. Circa tre su dieci confessano di doversi controllare ogni mattina davanti all’armadio per evitare problemi a scuola. Un ulteriore 55% non è ufficialmente obbligato a seguire un codice preciso, ma riceve comunque forti “inviti” a vestirsi in modo adeguato. Solo uno studente su cinque dichiara di poter scegliere liberamente il proprio outfit senza timore di richiami.
Il dato che emerge è chiaro: anche se non sempre tradotte in divieti rigidi, le regole condizionano la quotidianità di molti ragazzi, costretti a calibrare le proprie scelte per non incorrere in ramanzine o note disciplinari.
Ragazze più spesso nel mirino
Se formalmente i divieti valgono per tutti, nella pratica a subire più controlli sembrano essere soprattutto le studentesse. Sono loro a sentirsi maggiormente limitate, visto che i divieti riguardano in gran parte capi tipicamente femminili: top corti, magliette che lasciano scoperta la pancia, gonne sopra il ginocchio, jeans strappati, scollature.
In molti istituti è vietato anche tenere il cappellino in testa o indossare il cappuccio della felpa durante le lezioni. In altri, il linguaggio dei regolamenti si fa volutamente generico: abiti “sgarbati” o “distrattivi”, formule che lasciano ampio margine di interpretazione agli insegnanti. Una scelta che, secondo alcuni studenti, rischia di aumentare la sensazione di arbitrarietà.
Regole non solo su vestiti: il codice tocca anche look e accessori
Il cosiddetto dress code non si limita ai capi di abbigliamento. Molti regolamenti riguardano anche make-up, capelli e accessori. Le unghie finte, ad esempio, sono bandite in diverse scuole, con la giustificazione che potrebbero risultare pericolose. Stesso discorso per trucchi troppo vistosi, tinte di capelli dai colori accesi, piercing multipli e gioielli appariscenti.
In alcuni casi, le circolari arrivano persino a suggerire alle ragazze con capelli molto lunghi di tenerli raccolti. Sul fronte maschile, invece, l’attenzione si concentra sulla barba: deve essere sempre curata, non eccessiva e priva di forme “strane” o creative.
Secondo i dati, circa un istituto su cinque ha integrato nel regolamento scolastico almeno una di queste indicazioni sull’aspetto personale.
Decoro o limitazione della libertà?
La questione resta delicata e divide opinione pubblica e famiglie. Da un lato, le scuole sottolineano l’importanza di trasmettere agli studenti il valore del rispetto delle regole comuni, creando un ambiente sereno e ordinato. Dall’altro, c’è chi vede in questi divieti un freno alla libertà individuale, soprattutto in un’età in cui l’abbigliamento diventa uno dei principali strumenti di espressione personale.
La sfida, insomma, è trovare un equilibrio. Il confine tra un dress code che tutela il decoro e uno che rischia di diventare una forma di censura è sottile, e non sempre facile da tracciare. Quel che è certo è che, ancora una volta, la scuola non è solo il luogo dove si impara matematica e storia, ma anche lo spazio in cui si discutono valori, diritti e regole di convivenza.
