Nel buio del Cremlino: storie di coraggio e repressione

In Senato, i volti della dissidenza russa che sfidano il silenzio imposto dal regime di Putin

Nella giornata di ieri, venerdì 16 maggio, nella solenne cornice della Sala Nassiriya del Senato italiano, si è levato un coro di voci spezzate: storie di coraggio e repressione provenienti dai confini dell’impero russo. L’iniziativa, promossa dal senatore Filippo Sensi (PD), ha acceso i riflettori su venti casi emblematici di dissidenza autentica, troppo spesso ignorata, che raccontano la brutalità del regime di Vladimir Putin.

Zarema Musaeva, madre dell’attivista ceceno Abubakar Jangulbaev, condannata a cinque anni in una colonia penale per ritorsione politica. Malata e vulnerabile, è diventata il volto doloroso della repressione familiare nel regime di Putin.

“Non esistono solo i dissidenti che conosciamo, quelli noti, come erano in passato appunto Vladimir Kara-Murza, Ilja Yašin, e ovviamente Naval’nyj, ma abbiamo tanti casi di esponenti di minoranze che sono state incarcerati per la loro battaglia per i diritti, per la libertà nella Russia di Putin”, dice Sensi, spiegando il senso dell’iniziativa.

In Sala si parla delle minoranze etniche, di chi fa sentire la sua voce contro Mosca: Tungusi, Ingushi, Tatari di Crimea, Ceceni.Persone che hanno subito processi ingiusti, dietro le sbarre per reati d’opinione”, continua il senatore del PD, chiedendo che la comunità internazionale non perda di vista la necessità di contrastare il regime di Putin. Secondo Sensi, “La Russia rimane un player che va pressato, a cui non va mai tolta la pressione internazionale, sono gli aggressori, devono sentire pressione, quella degli Stati Uniti, dall’Europa”.

Abubakar Jangulbaev, figlio di Zarema Musaeva e noto attivista ceceno per i diritti umani, in esilio dopo le denunce contro il regime di Ramzan Kadyrov e Vladimir Putin.

Tra queste persone vi è Zarema Musaeva, madre di tre attivisti ceceni, tra cui Abubakar Jangulbaev, avvocato per i diritti umani, classe 1992. Arrestata nel gennaio 2022, è stata condannata a cinque anni di reclusione con l’accusa di frode e aggressione a un agente di polizia. Organizzazioni internazionali come Amnesty International hanno denunciato il suo arresto come una ritorsione politica contro la famiglia Jangulbaev, nota per le dure critiche rivolte al leader ceceno Ramzan Kadyrov. Nonostante le sue precarie condizioni di salute – soffre di diabete di tipo 2, cataratta e dolori articolari cronici – Musaeva resta detenuta in una colonia penale in Cecenia. Il tribunale della città di Shali ha recentemente prorogato la sua reclusione fino al 26 agosto 2025. A peggiorare la situazione, è stata accusata di aver aggredito una guardia carceraria, fatto che potrebbe costarle ulteriori anni di prigione.

Parvinakhan Abuzarova, blogger tatara e stilista di moda musulmana, condannata a tre anni in una colonia penale per aver criticato la guerra in Ucraina e invitato i militari russi a disertare. Il suo arresto è stato denunciato da attivisti e organizzazioni per i diritti umani come atto di repressione del dissenso.

In questo elenco di voci silenziate figura anche Parvinachan Okilžonovna Abuzarova, giovane blogger tatara, condannata nel settembre 2023 a tre anni di carcere per aver pubblicato online un messaggio rivolto ai soldati russi, invitandoli a disertare. Le autorità hanno interpretato le sue parole come incitamento alla diserzione, ma i suoi sostenitori le hanno difese come un’espressione pacifica di dissenso contro la guerra in Ucraina.

Aleksandr Gabyšev, lo sciamano della Yakutia che ha sfidato Putin intraprendendo un pellegrinaggio verso Mosca per “esorcizzarlo”. Arrestato più volte, è oggi internato in un ospedale psichiatrico ad alta sicurezza, simbolo dell’uso repressivo della psichiatria da parte del regime russo.

Poi vi è Aleksandr Gabyšev, meglio noto come lo sciamano della Repubblica di Sakha, che nel 2019 ha intrapreso un lungo pellegrinaggio a piedi verso Mosca, con l’intento simbolico di “esorcizzare” Vladimir Putin, da lui definito un “demone”. Dopo numerosi arresti, è stato internato in un ospedale psichiatrico ad alta sicurezza, dove si trova ancora oggi. Nonostante le ripetute richieste di trasferimento in una struttura meno restrittiva, tutte le istanze sono state respinte dai tribunali. Attualmente, Gabyšev resta detenuto in una clinica psichiatrica specializzata sotto stretta sorveglianza. I suoi sostenitori e le organizzazioni per i diritti umani continuano a battersi per il suo rilascio e per la cessazione dell’uso della psichiatria come strumento di repressione politica. Amnesty International ha denunciato il suo caso come un chiaro esempio di questo abuso.

Da Zarema Musaeva a Gabišev, eccole, le 20 storie di “dissidenza reale”, raccontate ieri in Sala Nassiriya per dar voce a chi è “sparito nel buco nero della repressione” di Putin, allargando lo sguardo sul regime russo oltre i confini dello scontro con l’Ucraina. Testimonianze di cui si sono fatti interpreti Oles Horodetskyy, presidente dell’Associazione cristiana degli ucraini in Italia, Eleonora Mongelli, vicepresidente della Federazione italiana Diritti Umani e Oleh Medunytsya, presidente del Blocco Anti-imperialistico dei Popoli, già deputato del Parlamento Ucraino.

Oltre 1.240 persone perseguitate in Russia per attivismo contro la guerra e 391 incarcerate: una mappa aggiornata mostra i procedimenti penali aperti in 85 regioni, compresi i territori occupati. (Sito del progetto OVD-Info, in versione internazionale “Ovo Info”)

Il senatore Sensi ha concluso l’incontro con un appello accorato: Questa è la Russia, questo è il vero volto della Russia. Non dimentichiamolo e lavoriamo tutti insieme perché si possa arrivare a una pace giusta e rispettosa della sovranità territoriale dell’Ucraina e della resistenza che gli ucraini hanno fatto in questi anni per i nostri valori di libertà e di democrazia”.

Le storie di Zarema, Parvinachan e Aleksandr – come quelle di tanti altri dissidenti – non sono solo testimonianze di repressione, ma simboli di una resistenza silenziosa che continua a battersi per la libertà e la dignità umana.