Meno male che Marina c’è

Nel deserto del conformismo meloniano, una voce critica e coraggiosa torna a dare senso a Forza Italia

Marina Berlusconi

In un tempo in cui il conformismo si maschera da compattezza di coalizione, e ogni dissenso interno viene bollato come tradimento, Marina Berlusconi ha avuto il coraggio di rompere il silenzio. E non con una voce qualunque, ma con quella di chi ha ereditato un impero, e non solo economico, dimostrando che si può essere figlia d’arte senza ricalcare ogni traccia paterna.

Le sue parole, pronunciate a margine dell’inaugurazione della rinnovata libreria Rizzoli in Galleria Vittorio Emanuele a Milano, sono un segnale forte. Non solo perché arrivano da chi guida Fininvest e Mondadori, ma perché svelano un malessere che si agita nelle fondamenta stesse di quel centrodestra moderato che fu l’ossatura del berlusconismo storico. Un centrodestra oggi abbarbicato alla linea dura di Giorgia Meloni, prono alle derive protezioniste di Donald Trump, e sempre più distante da quel progetto liberale, atlantista, europeista che Silvio Berlusconi, con tutti i suoi limiti, aveva comunque tentato di difendere.

Marina Berlusconi ha detto che Trump ha inflitto un “colpo durissimo alla credibilità dell’Occidente” in meno di cento giorni. Una frase che non è soltanto un giudizio politico, ma un atto di resistenza culturale. Ha parlato di ferite profonde lasciate dai dazi, della necessità di una coerenza con l’Europa, di una visione internazionale che non può essere ostaggio dei populismi d’oltreoceano. Ha toccato anche il tasto dolente dello strapotere delle Big Tech, denunciate con parole che avrebbero fatto onore a un liberale classico, preoccupato per l’equilibrio tra libertà e potere.

Queste dichiarazioni risuonano come uno schiaffo, garbato ma netto, a quell’ala governativa che ha fatto del trumpismo il proprio vangelo e che oggi si sente messa in discussione non dalla sinistra, ma da una voce interna, credibile, pesante. La replica livorosa di Daniela Santanchè, che invita alla prudenza nel parlare di “alleati”, conferma quanto quel colpo abbia fatto male.

E Forza Italia? Se ha ancora una ragione di esistere, se vuole davvero incarnare quel ruolo di equilibrio, di buon senso e di garanzia evocato da Marina stessa, allora dovrebbe smettere di inseguire i falchi della destra e ritrovare la sua voce. Quella voce che oggi, paradossalmente, viene da chi la politica non la fa, ma la capisce benissimo.

Ecco perché Marina Berlusconi, pur non facendo politica attiva, diventa oggi la voce più lucida del liberalismo italiano. Non si tratta di immaginarla candidata sindaca o leader di partito: il suo valore è simbolico, ideale. Rappresenta il richiamo a una destra moderna, illuminata, attenta ai mercati ma anche ai diritti, ostile al protezionismo, ma non sorda alla regolazione dei poteri forti. Un’idea di Occidente che non ha bisogno di slogan muscolari, ma di alleanze solide, istituzioni forti e libertà responsabile.

In tempi in cui si inneggia a Trump come salvatore e si tollera l’erosione delle garanzie costituzionali in nome della “sovranità”, la figura di Marina Berlusconi si staglia come un raro esempio di pensiero autonomo, coraggioso, controvento. Una posizione che può sembrare minoritaria oggi, ma che forse sarà ricordata domani come il primo segnale di un risveglio necessario. E per questo, da chi crede ancora nel valore delle parole e delle idee, va applaudita senza esitazioni.