Marmolada, piste chiuse e code infinite: sciatori bloccati ad Arabba

Poca neve e temperature elevate mettono in crisi il comprensorio dolomitico

Marmolada

Caos e malcontento hanno segnato lo scorso sabato sulla Marmolada, nel cuore delle Dolomiti. L’area sciistica che collega Punta Rocca ad Arabba è finita al centro delle polemiche dopo la chiusura improvvisa di una pista fondamentale per il rientro a valle. La causa? La scarsità di neve, aggravata da temperature insolitamente alte anche in quota.

Pista chiusa in Marmolada e rientro obbligato in funivia

La decisione di chiudere il tratto sciabile è stata presa per motivi di sicurezza: la mancanza di copertura nevosa su un’area rocciosa rendeva rischioso il passaggio. Di conseguenza, migliaia di sciatori sono stati costretti a rientrare esclusivamente tramite funivia.

Il problema è nato proprio qui: al ritorno erano disponibili solo tre posti per ogni corsa, invece dei sei previsti. Una limitazione che ha generato code interminabili e attese estenuanti.

Proteste, video sui social e richieste di rimborso

La situazione ha rapidamente acceso le polemiche. Sui social network sono comparsi numerosi video che documentano lunghe file, tensioni tra sciatori, proteste e momenti di nervosismo. Molti utenti hanno denunciato una comunicazione poco chiara da parte degli impianti e, in alcuni casi, hanno chiesto il rimborso dello skipass.

Affluenza inaspettata sulla pista più lunga d’Europa

A sorprendere i gestori è stata anche l’elevata affluenza del weekend. Nonostante le condizioni critiche, sabato 13 dicembre moltissimi sciatori hanno scelto la Marmolada — con i suoi 12 chilometri, la pista più lunga d’Europa — preferendola al più noto Sellaronda del circuito Dolomiti Superski. Una scelta che ha contribuito ad amplificare i disagi.

Le spiegazioni dei gestori degli impianti

A chiarire la situazione è intervenuto Marco Grigoletto, presidente regionale di Anef (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari):

“Il tratto è stato chiuso per scarsità di neve. Si tratta di una zona rocciosa e abbiamo agito in via precauzionale. La vera difficoltà è l’impossibilità di programmare l’innevamento: finora abbiamo avuto solo poche giornate con lo zero termico alle nostre quote”.

Secondo Grigoletto, le temperature elevate rendono estremamente complessa anche la produzione di neve artificiale.

Neve artificiale: quando il freddo non basta

Per ottenere un innevamento efficace, la temperatura ideale si aggira intorno ai -7 gradi. In queste condizioni, con un metro cubo d’acqua si possono produrre fino a due metri e mezzo di neve. Quando invece il termometro si avvicina allo zero, la resa crolla drasticamente: la stessa quantità d’acqua genera appena un metro cubo di neve. Un limite che pesa enormemente sulla gestione degli impianti.

Situazione critica in molti comprensori alpini

Il quadro generale sull’arco alpino resta preoccupante. A Cortina risultano operativi solo 14 impianti su 34, con 30 piste aperte su 120. Numeri simili anche nell’area della Civetta e in Val di Zoldo, dove funziona circa la metà delle strutture.

Va leggermente meglio tra Arabba e Marmolada, con 21 impianti attivi su 25 e 42 piste aperte su 60, e tra Falcade e San Pellegrino, dove sono in funzione 21 impianti su 23 e 43 piste su 100.

Miglioramento nel weekend e speranze nel meteo

Fortunatamente, i disagi maggiori si sono concentrati nella sola giornata di sabato. Tra domenica e lunedì la situazione è apparsa più gestibile. Ora l’attenzione è rivolta alle prossime perturbazioni:

“Speriamo che il meteo ci aiuti a coprire le piste ancora scoperte — conclude Grigoletto — ma la vera svolta potrebbe arrivare con un cambio di circolazione a ridosso di Natale”.