
Lady Gaga ha descritto “Mayhem”, il suo settimo album in studio, come un’opera influenzata dalla musica dance industriale, lasciando intendere un ritorno al sound iconico di “The Fame Monster” e “Born This Way”. Il primo singolo, “Disease”, ha confermato questa direzione con un sound aggressivo, caratterizzato da bassi potenti e un’energia vocale travolgente.
Mayhem: brani incisivi, ma poca coesione
Oltre a “Disease”, anche “Abracadabra” si distingue per la sua impronta forte e il suo immaginario visivo ricco di riferimenti alla ballroom culture e all’estetica più audace della popstar. Il video, con la sua simmetria perfetta e le citazioni dai classici di Lady Gaga, richiama la grandiosità di “Alejandro”. Tuttavia, il resto dell’album sembra perdersi in una formula più standardizzata.
Un synth-pop che divide
La parte centrale dell’album si muove su sonorità synth-pop anni ’80, con brani come “Zombieboy”, un omaggio a Rick Genest, e “Killah”, che strizza l’occhio al Bowie più groovy. Tuttavia, l’effetto complessivo di “Mayhem”, risulta meno innovativo del previsto, rischiando di lasciare alcuni fan delusi.
La provocazione con “Mayhem” non basta
Brani come “Garden of Eden”, con la produzione del DJ Gesaffelstein, cercano di riportare in auge l’anima da party queen di Gaga, ma senza la freschezza dei primi successi. “Perfect Celebrity” affronta il tema della disumanizzazione delle popstar, ma il messaggio appare un po’ scontato per un’artista che ha costruito il suo personaggio proprio sull’adorazione della fama.
Alcuni momenti brillanti, ma non abbastanza
Tra le tracce più riuscite spicca “How Bad Do U Want Me”, che incarna l’anima synth-pop più ispirata di Gaga. “The Beast” tenta una fusione tra pop-rock e il groove di Michael Jackson, ma manca di incisività, mentre “Blade of Grass” punta a essere una grande ballata ma fatica a decollare.
Conclusione: un album che non lascia il segno
“Mayhem” non è un brutto album, ma non mantiene fino in fondo le promesse del suo titolo. Invece di un caos sonoro travolgente, offre un pop ben confezionato ma a tratti prevedibile. Un’occasione mancata per un ritorno davvero esplosivo.