
Nel giugno 2025, l’invasione russa dell’Ucraina, iniziata nel febbraio 2022, ha raggiunto il suo quarto anno, ma la guerra, da molti definita di logoramento, si è trasformata in un conflitto dalle tinte fosche, dove la propaganda patriottica si scontra quotidianamente con la cruda realtà del fronte. Da Mosca alle trincee del Donetsk, la narrazione del Cremlino resta ancorata all’idea di una vittoria lenta ma inevitabile. Ma i segnali interni raccontano tutt’altra storia.
Secondo un’inchiesta pubblicata il 30 giugno da The Washington Post, l’esercito russo gode di superiorità in termini di uomini e armamenti, ma i suoi progressi sono minimi. L’analista militare russo indipendente Ian Matveev ha affermato: “Queste tattiche di assalto di massa sono tutto ciò che l’esercito russo è in grado di fare al momento. È disumano: si scambiano corpi per territorio”. La carenza di addestramento, le falle nella logistica e una corruzione endemica bloccano ogni tentativo di avanzata decisiva.
I blogger militari su Telegram descrivono un esercito allo stremo: ufficiali che ordinano attacchi suicidi senza copertura, comandanti corrotti che intascano tangenti o saccheggiano i bottini di guerra, soldati che si mutilano per sfuggire al fronte. Un’inchiesta di Meduza conferma che almeno 790.000 soldati russi sono morti o rimasti feriti dall’inizio dell’invasione. “La menzogna è la norma assoluta”, aveva dichiarato in video Dmitrij Lysakovskij, drone operator morto in un assalto pianificato male, dopo aver denunciato corruzione nel suo reggimento.
Uno straziante reportage firmato BBC Russia, del giugno 2025, racconta le storie di giovani ragazzi mandati al fronte subito dopo aver compiuto 18 anni. Aleksandr voleva diventare infermiere; è morto due settimane dopo l’arrivo al fronte. Vitalij, spinto da un interrogatorio violento e false accuse, aveva firmato un contratto militare per sfuggire alla prigione: è morto in trincea dopo appena sette giorni. Almeno 240 ragazzi tra i 18 e i 19 anni sono morti tra il 2023 e il 2025, secondo i dati della BBC, Mediazona (media russo indipendente) e una rete di volontari.
Il Cremlino ha trasformato la guerra in una missione patriottica, promuovendo la narrativa della “grande vittoria” con lezioni di storia revisionata e spot sulle TV statali. Ma mentre Mosca promette stipendi da 3 milioni di rubli (circa 32.000 euro) ai nuovi arruolati, i soldati al fronte devono comprare autonomamente giubbotti antiproiettile e persino patate e cipolle, come denuncia Svjatoslav Golikov, analista militare, veterano russo e blogger di “Philologist in Ambush”.
In patria, Vladimir Putin ha ribadito che l’obiettivo resta la “riconquista totale” dell’Ucraina. “Tutta l’Ucraina è nostra”, ha dichiarato il leader russo, secondo quanto riportato da Atlantic Council, think tank con sede a Washington, D.C. Parallelamente, il ministro degli Esteri Sergej Lavrov – in un’intervista rilasciata il 30 giugno all’agenzia Reuters – ha dichiarato che l’aumento delle spese NATO potrebbe portare al collasso dell’Alleanza: “Un’escalation catastrofica nei budget NATO potrebbe distruggere l’intera organizzazione”.
Sempre su Reuters, il portavoce Dmitrij Peskov ha invece lanciato segnali di apertura, definendo le sanzioni americane sul petrolio “un ostacolo ai negoziati”. La linea diplomatica russa alterna toni da guerra fredda a presunti inviti al dialogo: un doppio registro che serve sia per intimorire sia per attrarre consensi nei paesi non allineati.
Secondo The Guardian, lo scorso 26 giugno, le forze russe hanno rivendicato la conquista del villaggio di Dachnoye nel Dnipropetrovsk, ma Kiev non conferma. Un successo più mediatico che strategico. L’ISW (Institute for the Study of War) calcola che, tra maggio e giugno, l’esercito russo abbia conquistato solo 216 miglia quadrate: un progresso lentissimo. Tuttavia, la Russia ha guadagnato un vantaggio materiale: il controllo di un importante giacimento di litio nel Donetsk.
Tra il 23 e il 30 giugno, Meduza riporta oltre 500 droni e missili lanciati su Kiev, Odessa, Dnipro e Kherson. Nella capitale ucraina, un attacco ha danneggiato 27 edifici residenziali e ucciso 9 persone. A Dnipro, un missile ha colpito un treno con 500 passeggeri. “Russi travestiti da Stato: terroristi che uccidono civili”, ha scritto su Telegram Andriy Yermak, capo dell’Ufficio presidenziale ucraino. La Russia, tuttavia, continua a negare di colpire obiettivi civili.
Stando a quanto riporta ISW, Mosca ha intensificato la produzione di droni, grazie a tecnologie iraniane e partnership industriali segrete con Cina, Bielorussia e persino Taiwan. I missili Iskander e gli ICBM sono in aumento, e il nuovo piano di espansione militare prevede basi in Estremo Oriente e investimenti record: il 32% del bilancio federale 2025 è destinato alla difesa.
Il 28 giugno scorso, l’inviato speciale del Ministero degli Esteri russo, Rodion Mirošnik, ha rivolto un severo ultimatum al Regno Unito, intimando l’interruzione immediata dei programmi di addestramento militare destinati ai soldati ucraini, altrimenti, ha avvertito, si rischia una grave escalation nelle relazioni russo-britanniche. Mirošnik ha definito tali attività, inclusa la fornitura di armi, una vera e propria “complicità diretta nel conflitto”, chiedendo esplicitamente la cessazione di ogni forma di supporto militare, compresi programmi come l’Operazione Interflex nel Regno Unito, la missione EUMAM (European Union Military Assistance Mission) dell’UE e l’assistenza medica fornita dagli Stati Uniti in Germania. Oltre all’ultimatum di Mirošnik, come riferisce Economic Times India, Mosca ha minacciato ulteriori avanzate territoriali nel caso in cui Kiev non accetti un accordo di pace alle condizioni imposte dal Cremlino.
La conclusione? Due guerre, due verità.
La guerra vista dalla Russia è un duplice campo di battaglia. Da una parte, la rappresentazione ufficiale: marce trionfali, ragazzi, veri e propri eroici caduti per la madrepatria, la narrazione epica della resistenza. Dall’altra, la realtà: giovani mandati a morire, soldati costretti a comprare protezioni e cibo di tasca propria, generali corrotti, villaggi conquistati solo sulla carta, migliaia di civili colpiti. E mentre le bombe cadono su Kiev e le famiglie siberiane piangono i propri figli diciottenni, Mosca continua a parlare di pace. Ma una pace, evidentemente, da scrivere con l’inchiostro del potere e del silenzio.
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