La Banda dei Sardi: il grande assalto sull’Aurelia e l’ombra dell’Ogliastra

Un colpo da tre milioni di euro, un’operazione militare sotto copertura e l’alba delle manette: l’assalto ai portavalori in Toscana ricostruito passo dopo passo.

Aurelia Banda dei sardi

Il 28 marzo scorso, l’alba si è tinta di piombo sulla statale Aurelia, nel tratto che taglia il comune di San Vincenzo, in Toscana. Due blindati portavalori, ignari della trappola che li attendeva, sono stati bloccati e assaltati con un’efficienza che ha lasciato tutti a bocca aperta. Un’azione fulminea, da manuale militare, orchestrata da un gruppo criminale altamente specializzato.

Quando il fumo si è diradato, il bottino era già sparito: oltre 3 milioni di euro volatilizzati nel nulla. Nessuna impronta, nessuna sbavatura. O almeno, così sembrava.

L’ombra lunga della Sardegna

A due mesi di distanza dall’assalto sull’Aurelia, il cerchio si è chiuso. L’operazione è scattata nelle prime ore del 19 maggio: un blitz coordinato tra Toscana e Sardegna che ha portato all’esecuzione di 11 misure cautelari. Nove di queste proprio sull’isola, tra Barisardo, Girasole, Jerzu, Ottana, Irgoli, Olzai, Ollolai, Orotelli, Villagrande Strisaili e Bottidda.

Il cuore dell’organizzazione pulsava forte nella provincia di Nuoro. È lì che gli investigatori del nucleo operativo dei Carabinieri di Livorno hanno scavato, ricostruendo a ritroso i movimenti, i contatti, i mezzi rubati, i nascondigli e, soprattutto, i ruoli.

Un commando ben rodato: armi da guerra ed esplosivi

Secondo gli inquirenti, il gruppo aveva una struttura da manuale militare. Ruoli assegnati con precisione chirurgica: chi si occupava della logistica, chi della sorveglianza, chi della copertura e chi dell’esecuzione. Niente era lasciato al caso. Il commando aveva a disposizione armi da guerra, esplosivi, munizioni e un arsenale completo per bloccare i veicoli blindati con rapidità e forza.

I mezzi utilizzati per il colpo erano stati rubati e modificati. Alcuni membri avevano predisposto alibi falsi nel tentativo di coprire le tracce. Ma ogni ingranaggio, anche il più ben oliato, può incepparsi.

I nomi dietro il colpo

Ecco i componenti del gruppo arrestati con le accuse di rapina pluriaggravata, detenzione e porto di armi da guerra, furto aggravato e ricettazione:

  • Giovanni Columbu (1985), di Ollolai

  • Renzo Cherchi (1986), residente a Irgoli

  • Alberto Mura, di Ottana

  • Antonio Moni (1979), domiciliato a Castelnuovo Val di Cecina

  • Francesco Palmas (1980), di Jerzu

  • Francesco Rocca (1978), residente a Orotelli

  • Franco Piras (1979), di Bari Sardo

  • Marco Sulis (1989), domiciliato a Villagrande Strisaili

  • Nicola Fois (1992), di Girasole

  • Salvatore Campus (1974), di Olzai

  • Salvatore Giovanni Antonio Tilocca (1980), originario di Ozieri, residente a Bottidda

Indagato ma non sottoposto a custodia cautelare è Antonio Stochino (1978), di Arzana, per cui il giudice ha respinto la richiesta della Procura.

Una banda radicata e organizzata

Tutti i fermati sono sardi, elemento che – secondo gli investigatori – sottolinea la radice territoriale dell’organizzazione. Una rete compatta, fondata su vincoli di sangue e omertà, capace di pianificare un colpo ad alta complessità logistica.

La loro forza stava nella discrezione e nella preparazione meticolosa, ma anche nella capacità di restare invisibili. Fino ad oggi.

Il sipario cala… ma le indagini continuano

Mentre le manette chiudono l’ultimo atto di questo assalto spettacolare, gli inquirenti non escludono nuovi sviluppi. Il bottino, in gran parte, non è stato ancora recuperato. E qualcuno, da qualche parte, potrebbe custodirne il segreto.

Ma ora il silenzio ha dei nomi, e la banda senza volto ha finalmente un volto. O meglio, undici.