Dall’ironia all’insulto: la degenerazione del linguaggio politico italiano

Dalla 'tiratina di capelli' di Prodi agli insulti di Donzelli, segnali di un'assuefazione collettiva alla volgarità politica

Il degrado

La recente “tiratina di capelli” da parte di Romano Prodi nei confronti di una giornalista di Mediaset non è soltanto un gesto di cattivo gusto. È un segnale. Un uomo delle istituzioni, ex Presidente del Consiglio, che si lascia andare a una tale “leggerezza” davanti alle telecamere, dimostra quanto il rispetto nei confronti del ruolo giornalistico, e più in generale della dignità altrui, si stia dissolvendo nella banalità del quotidiano. Quel gesto, sminuito da molti come innocuo o addirittura “affettuoso”, racconta invece una cultura che tollera la mancanza di rispetto, purché accompagnata da un sorriso.

Quando l’insulto diventa politica

Se il gesto di Prodi può sembrare paternalistico, l’attacco frontale di Giovanni Donzelli, deputato di Fratelli d’Italia, contro un giornalista colpevole solo di aver scritto un libro a lui non gradito, è di tutt’altra gravità. Qui siamo nel campo della delegittimazione personale, dell’insulto che sostituisce l’argomentazione, dell’aggressione verbale che si fa strumento politico. Donzelli non è un outsider: è una figura di spicco della maggioranza. Eppure, il suo linguaggio è paragonabile a quello dei peggiori commentatori da bar. Nessuna condanna ufficiale, nessuna vera presa di distanza. Ancora una volta, tutto passa. Tutto scivola via.

L’assuefazione del pubblico

La cosa più preoccupante non è tanto ciò che accade, ma ciò che non accade. La reazione dell’opinione pubblica è timida, distratta, anestetizzata. Ci indigniamo per poco, e dimentichiamo in fretta. Siamo diventati assuefatti alla volgarità. La rissa, l’offesa, la prevaricazione verbale non ci scioccano più: sono diventati parte integrante dello “spettacolo” della politica, come se fosse un reality show. È un problema culturale profondo, che investe la responsabilità dei media, della scuola, della società tutta.

Non è una questione di destra o sinistra

Il degrado verbale non ha colore politico. La maleducazione, la sopraffazione verbale, il disprezzo per l’altro non sono né di destra né di sinistra: sono semplicemente indegni. Quando la sinistra sminuisce episodi come quello di Prodi, fa un danno alla credibilità delle istituzioni. Quando la destra insulta chiunque osi criticare o raccontare una verità scomoda, fa un danno alla democrazia. L’alibi della “goliardia” o della “provocazione” è solo un trucco per nascondere la mancanza di rispetto.

Il virus del trumpismo

A tutto questo si aggiunge un’influenza sempre più visibile: quella della politica americana di Donald Trump. Un linguaggio brutale, una comunicazione basata sull’aggressività, sulla menzogna sistematica, sull’odio come strumento di consenso. Questo stile ha contagiato anche la politica italiana. Ormai insultare, urlare, denigrare è diventata la norma. Ma se l’Italia deve copiare qualcosa dall’estero, che non sia la peggiore delle demagogie.

Una speranza: il ruolo della stampa

In questo scenario cupo, una speranza resta: che la stampa non ceda. Che i giornalisti non abbassino il tono, non imitino i politici, non rinuncino alla propria funzione critica. È la stampa, oggi più che mai, che può provare a rieducare il dibattito pubblico, riportandolo su un piano civile, fatto di argomenti e non di urla. Non si tratta solo di stile: si tratta di democrazia. Un paese in cui le parole perdono valore, presto rischia di perdere anche la libertà.