Il problema è l’Iran e l’obiettivo dovrebbe essere quello

L’eliminazione di Sayyed Razi Mousavi, alto ufficiale delle Guardie Rivoluzionarie Iraniane (IRGC), ucciso in un raid aereo (plausibilmente israeliano seppur non confermato) a Damasco lo scorso 25 dicembre lancia un messaggio chiaro a chi ancora si ostina a non voler capire: dietro l’ampia strategia di destabilizzazione mediorientale c’è il regime iraniano, è costui il problema e dunque l’obiettivo primario.

L’Iran si muove un passo dopo l’altro, in progressione, sfruttando la debolezza di Stati Uniti ed Europa, troppo spesso impegnati a fare il pelo nell’uovo all’esercito israeliano mentre Hamas stupra e trucida civili.

Il primo passo è stato l’eccidio del 7 ottobre perpetrato da Hamas e dalla Jihad Islamica Palestinese; il peggior pogrom contro il popolo ebraico dai tempi dell’Olocausto; una sistematica carneficina contro uomini, donne, anziani e persino neonati. Il 27 dicembre, le Guardie Rivoluzionarie iraniane ne rivendicavano la responsabilità come risposta all’uccisione di Qassem Soleimani, generale delle IRGC ucciso nel 2020 in Iraq da un missile statunitense. Hamas ha subito contraddetto l’Iran, ma ormai era tardi. Il secondo passo è portato avanti dagli Houthi che dallo Yemen bersagliano il traffico marittimo sul Mar Rosso con il chiaro obiettivo di mettere in crisi l’economia occidentale. Un comandante delle Guardie Rivoluzionarie iraniane ha anche minacciato di far chiudere il Mar Mediterraneo, in caso non fosse chiara la regia.

Il terzo passo riguarda invece i continui attacchi contro basi statunitensi in Iraq e Siria ad opera delle milizie sciite filoiraniane in Iraq; più di 100 attacchi perpetrati dallo scorso 13 ottobre.

Nel contempo anche Hezbollah intensifica gli attacchi verso il confine israeliano sfruttando la debolezza e la passività del governo libanese.

Come se non bastasse, a metà dicembre a Cipro il Mossad assieme alle autorità locali sgominavano una cellula iraniana collegata alle IRGC che stavano pianificando l’assassinio di un uomo d’affari israeliano.

Pochi giorni fa sono poi arrivate le minacce di Hezbollah contro i Paesi membri della coalizione per la protezione del traffico commerciale marittimo sul Mar Rosso, a guida USA. Il numero due di Hezbollah, Shaykh Naim Qassem ha infatti dichiarato:

“E’ necessario formare un fronte unito contro la coalizione del male rappresentata da America, Israele, Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania; Una coalizione del bene delle forze anti-israeliane in Palestina, Libano, Iran, Yemen e Iraq”.

Come già inizialmente detto, la regia iraniana dietro quest’ampia scala di ostilità è palese. Il regime di Teheran sta approfittando dell’esitazione dell’amministrazione Biden di rispondere adeguatamente a questi attacchi; percependo debolezza da parte degli Stati Uniti, agisce di conseguenza e in modo aggressivo, con l’intento di destabilizzare il Medio Oriente, acquisire l’egemonia sull’area, instaurare una situazione di guerra permanente in Israele e spingere le forze statunitensi fuori dall’Iraq e dalla Siria.

Come spiegato da Mike Pompeo ai microfoni di Fox News, mentre gli iraniani attaccano gli americani, Biden attacca i proxy di Teheran con modalità difensive e questo permette agli iraniani di combattere senza correre alcun rischio, quindi non sorprende che ci siano stati così tanti attacchi contro gli Stati Uniti in Medio Oriente. Pompeo ha anche sottolineato che questo tipo di atteggiamento difensivo, particolarmente arretrato, aumenta i rischi non solo per Israele e gli Stati del Golfo, ma anche per gli Stati Uniti e l’Europa.

L’amministrazione Biden si è mostrata aperta nei confronti del regime iraniano e dei suoi proxy e basta pensare alla rimozione degli Houthi dalla lista nera del terrorismo; pessima mossa poiché la designazione avrebbe contribuito a interrompere le reti finanziarie e di armi illecite che alimentano la macchina terroristica Houthi.

Anche il tentativo di accordo da 6 miliardi di dollari con l’Iran attraverso uno scambio di prigionieri, fortunatamente bloccato dalla Camera dei Rappresentanti alla fine di novembre, è apparso come una mossa sconsiderata in quanto qualsiasi finanziamento a favore del regime di Teheran aggiunge ulteriore benzina alla sua macchina del terrore all’estero e contro il popolo iraniano.

L’unica reale soluzione è dunque un’offensiva militare, politica ed economica contro il regime iraniano; una risposta che non deve arrivare soltanto da Israele e Stati Uniti, ma anche dall’Europa, perché la dichiarazione di guerra è stata fatta contro tutti, come precedentemente visto con la dichiarazione del numero due di Hezbollah. La politica del “non fatelo più” di Biden non funziona, anzi, incentiva Teheran ad intraprendere ulteriori ostilità. Il timore di un’escalation non ha alcun senso in quanto, per chi ancora non se ne fosse accorto, l’escalation è già in corso.

L’Iran vuole evitare uno scontro diretto con l’Occidente ed è per questo motivo che utilizza i propri proxy per colpire. Bersagliare l’Iran significa spezzare il sostegno che il regime fornisce a Hamas, alla Jihad Islamica Palestinese, a Hezbollah, agli Houthi e alle milizie sciite irachene. In aggiunta, si andrebbe a rafforzare la vasta opposizione interna al regime, abbandonata dall’Occidente nonostante i diversi tentativi di rivolta.E’ poi essenziale agire nei confronti delle reti di Hezbollah e del regime iraniano in Europa, con inserimento nella black list di Hezbollah (tutta, non soltanto l’ala militare) e le Guardie Rivoluzionarie iraniane (IRGC).

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