Il medico dell’orrore: 12 anni nel buio del dark web tra i bambini abusati

Arrestato a Torino un professionista di 40 anni: produceva e condivideva contenuti pedopornografici. In rete aveva già un alleato: il sacerdote Jordan Coraglia

Torino si è svegliata oggi con un nodo in gola, non per il caldo afoso di agosto, né per un fatto di sangue visibile. È qualcosa di molto peggio, invisibile, nascosto dietro lo schermo di un computer, tra le ombre del dark web. Dove, per oltre dodici anni, un uomo insospettabile – un medico, un professionista, una figura che per definizione dovrebbe prendersi cura degli altri – ha scelto invece di distruggere l’innocenza.

Ha 40 anni, viveva una vita apparentemente normale, fatta di ambulatori, colleghi, corsie; eppure, secondo quanto ricostruito dagli investigatori del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia online (CNCPO), insieme alla Polizia postale di Torino, dietro quegli occhi si nascondeva uno dei membri più attivi delle comunità pedofile online. Un nickname, anzi molti, attraverso i quali l’uomo si infiltrava in forum criptati, condivideva contenuti orribili, li produceva. Minorenni abusati, immagini raccapriccianti, parole che non possono – e non devono – essere scritte.

Le indagini sono durate oltre due anni. In silenzio, gli agenti hanno analizzato le tracce digitali, decifrato pseudonimi, attraversato i tunnel oscuri del dark web. Alla fine, la rete si è chiusa. E da quella rete è emerso lui: il medico. Arrestato con un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Gip di Torino, con accuse precise e terribili: produzione di materiale pedopornografico, detenzione di ingenti quantitativi di contenuti, contatti online con minori.

Ma c’è di più. In questa rete dell’orrore, il medico non era solo. Tra i suoi contatti più stretti, gli investigatori hanno trovato don Jordan Coraglia, sacerdote della provincia di Brescia, già arrestato nel maggio 2025. Insieme, secondo le intercettazioni, sognavano – parola impropria ma purtroppo reale – di creare un gruppo pedopornografico solo italiano, una comunità stabile, autosufficiente, in cui scambiarsi materiale, supportarsi, probabilmente reclutare nuovi adepti.

I dettagli emersi sono agghiaccianti: il medico frequentava anche ambienti sportivi in cui gravitavano adolescenti, non è escluso che cercasse lì nuove vittime o elementi di contatto. Il materiale rinvenuto nei suoi dispositivi è stato definito enorme dagli investigatori. Per 12 anni ha costruito una doppia vita, protetto dall’anonimato del web, finché la giustizia non ha bussato alla porta.

L’operazione è frutto di una sinergia tra i reparti più avanzati della sicurezza cibernetica italiana. Eppure, come spesso accade in questi casi, lascia dietro di sé non solo sgomento, ma domande. Com’è possibile che un uomo con una vita pubblica irreprensibile sia riuscito a nascondere tanto dolore inflitto? Nessuno ha mai avuto un sospetto? Cosa resta da fare, oggi, per impedire che accada ancora?

L’Italia, che ha già dovuto affrontare troppi casi simili, si ritrova nuovamente a fare i conti con un crimine che si consuma in silenzio, lontano dagli occhi, ma capace di annientare intere vite. Le vittime non hanno un volto nelle cronache, ma esistono. Sono bambini e noi – come società – non possiamo permetterci di ignorarle.

Le indagini continuano. Gli inquirenti stanno cercando eventuali ulteriori complici, nuove tracce informatiche, possibili episodi non ancora emersi. Oggi una certezza: il medico è stato fermato e con lui, almeno per un momento, una parte del buio si è fatta meno profonda.