Dolore profondo e incredulità. È questo il sentimento che trapela dalle parole delle famiglie dei giovani coinvolti nell’aggressione dello scorso 12 ottobre a Milano, quando un 22enne studente della Bocconi venne accoltellato e ridotto in fin di vita.
La madre di Alessandro Chiani, il 18enne accusato di aver inferto i due colpi di coltello decisivi, ha parlato di una famiglia “perbene”, sconvolta da ciò che è accaduto. “Siamo distrutti. Abbiamo pregato per il ragazzo ferito”, ha dichiarato al TgR Lombardia.
Al suo fianco, in una foto social, c’è Ahmed Atia, l’altro maggiorenne coinvolto insieme a tre minorenni. Per il padre di Atia, il figlio sarebbe stato “nel posto sbagliato al momento sbagliato”, e si considera lui stesso “vittima della situazione”. Ha espresso rammarico per la sorte del 22enne: “Spero possa tornare presto alla sua vita”.
La vittima: condizioni gravissime e danni irreversibili
La realtà clinica, però, non lascia molte speranze. Il giovane ha perso quasi tutto il sangue presente nel corpo, subendo lesioni gravissime: un’arteria recisa, un polmone perforato e soprattutto un danno al midollo spinale che, secondo i medici, lo condannerà all’invalidità permanente.
Dopo giorni tra la vita e la morte, ha trovato la forza di pronunciare poche parole: “Ora devo pensare al mio corpo”.
Il rischio di una paraplegia irreversibile rimane elevatissimo.
Un branco di ragazzi “normali”, ma già noti alle forze dell’ordine
Le indagini hanno delineato un quadro inquietante: i cinque giovani coinvolti nell’aggressione provengono da famiglie con un tenore di vita regolare, tra professionisti e impiegati della provincia di Monza.
Nonostante questo, tutti avevano trascorsi problematici: bocciature, scarso rendimento scolastico e iscrizioni a istituti di recupero anni.
Chiani era già stato segnalato per un furto ad agosto. Atia, pur cittadino italiano, era stato fermato a luglio con oggetti atti ad offendere.
Le prove raccolte dagli investigatori
Durante le perquisizioni del 29 ottobre, la polizia ha trovato nella casa di Chiani la giacca bianca riconosciuta nei filmati dell’aggressione, insieme a scarpe e pantaloni identici a quelli ripresi dalle telecamere.
Sequestrato anche un coltello con lama da 9 centimetri, ritenuto compatibile con le ferite del 22enne.
A casa di Atia, ritrovati abiti neri simili a quelli indossati la notte del pestaggio.
Dopo la violenta aggressione a Milano, si vantavano sui social
Non solo i ragazzi, dopo il pestaggio, avrebbero continuato a divertirsi tra i locali di corso Como “come se nulla fosse”, ma nei giorni successivi avrebbero anche fatto riferimenti all’aggressione sui social, con toni di vanto e sfida.
In alcune chat analizzate dagli investigatori, i giovani discutevano persino dell’ipotesi che la vittima potesse morire e del rischio di essere accusati di omicidio.
In un passaggio agghiacciante, uno dei minorenni afferma: “Speriamo bro’, almeno non parla”.
Tentativi di accordo e finto pentimento
Dalle stesse intercettazioni, emerge che il gruppo avesse persino valutato di andare a trovare la vittima in ospedale, non per un reale ravvedimento, ma per “fare bella figura” davanti ai giudici. “Diciamo che siamo pentiti”, sussurra uno di loro, aggiungendo poi: “A me in realtà non me ne frega”.
Le accuse e i possibili anni di carcere
I due maggiorenni, ora a San Vittore, e i tre minori detenuti al Beccaria, saranno ascoltati nei prossimi giorni. Le accuse parlano di tentato omicidio pluriaggravato.
Il gip ha sottolineato che la dinamica e la violenza dei colpi indicano chiaramente la consapevolezza del rischio di uccidere.
In assenza di riti alternativi, le pene potrebbero arrivare fino a 21 anni di reclusione.
La responsabilità educativa delle famiglie
Le reazioni dei genitori – tra sgomento, negazioni e incredulità – portano inevitabilmente a riflettere sul ruolo educativo.
Sostenere che tutto sia avvenuto “a sorpresa”, senza aver mai percepito segnali preoccupanti, apre interrogativi profondi: è possibile che un’intera serie di comportamenti, precedenti giudiziari e atteggiamenti aggressivi siano passati inosservati?
La tragedia mette in luce una carenza diffusa di educazione emotiva, civica e relazionale, che non può essere ignorata.
