Finché c’è guerra c’è speranza

Piero è un trafficante d’armi che unisce perfettamente professione e famiglia. Inserito nella vita milanese degli anni settanta questo padre di famiglia mantiene tutti nel lusso e nella quiete di una villa residenziale. Rispettato dai funzionari dei paesi con cui commercia il Dott. Chiocca è un perfetto esempio di ipocrisia e discrezione. Durante una delle sue trasferte però si fa ingannare da un giornalista sotto mentite spoglie.L’uomo accompagnerà Piero per tutto il viaggio avendo modo di vedere le sue occupazioni in terra africana. Tornato in Italia, il padre di famiglia dovrà vedersela con media e famiglia . Definito mercante di morte perfino dai figli , oltre che dalla stampa, al professionista non rimarrà che spiegare il perché del lusso a moglie e prole.

Fin che c’è guerra c’è speranza è un film del 1974 diretto da Alberto Sordi. Ennesimo esempio del talento assoluto del regista, è un lavoro difficile da definire per la sua mescolanza di generi. Si parte dalla commedia per virare al dramma ironico con continue digressioni nell’inchiesta. Sordi volte ritrae due realtà perfettamente andando a costruire i personaggi secondari quasi meglio del protagonista. Se Piero è un insensibile, i membri della sua famiglia sono pronti ad abbandonarlo senza nemmeno conoscere la sua versione. Efficacissime le riprese africane, dove Sordi ricostruisce un mondo fatto di compromessi e personaggi miseri senza mai appesantire troppo la scena.

Un film completo che dimostra quanto l’attore romano fosse in grado di leggere le persone e spesso anticiparle, lasciando sempre al pubblico ogni forma di giudizio. Fin che c’è guerra mostra il lato umano e disumano di ogni personaggio dimostrando altresì una compassione inaspettata. Nessuno si salva nel film di Sordi ma la ricerca di un vero colpevole è molto difficile per chiunque. L’idea del maestro è sempre stata quella di far vedere le cose come stanno, ironizzando, dove possibile.

Un film riuscito che ha nel finale il suo vero punto di forza, la scelta che il regista dedica all’ultimo quarto d’ora è in zona capolavoro. Il creativo è capace di rendere la filosofia a portata di ogni pubblico soprattutto negli argomenti scomodi. Un film che andrebbe rivisto per rendersi conto di quanto le cose non siano mai bianche o nere e di come l’integrità comporti sempre sacrifici.