
“Facci ridere”, lo show comico di Rai 2 condotto da Pino Insegno con la complicità di Roberto Ciufoli, si presenta come un tuffo senza freni nel passato. Non tanto un ritorno agli anni d’oro della Premiata Ditta, quanto una rispolverata di formule già viste, già sentite, già stanche. Lo show si propone come varietà leggero e “analogico”, ma il risultato – almeno a detta del pubblico social – è un mix maldestro di barzellette da oratorio, scenografie da TV dei primi anni ’90 e sketch dal gusto sorpassato.
Se il titolo stesso suona come una sfida (“Facci ridere”), la risposta sembra dividere in modo netto: c’è chi ride, ma anche – e forse soprattutto – chi si vergogna.
Battute da sagra e auto celebrazione patriottica
Lo spettacolo è strutturato in modo semplice: tre squadre in gara, ognuna in rappresentanza di una delle macroaree d’Italia – Nord, Centro, Sud – si affrontano in prove di comicità per far ridere i “musoni”, ovvero i tre giudici vip. Nella seconda puntata del 6 luglio, i musoni sono stati Gabriele Cirilli, Lello Arena e Nancy Brilli. A loro il compito di valutare le esibizioni e decretare il vincitore.
Fin qui, niente di particolarmente innovativo. Ma è nei contenuti che il programma mostra tutta la sua fragilità: battute del tipo «Umberto Eco-eco-eco» o siparietti con ruttatori musicali in prima serata hanno alimentato una valanga di critiche sui social. Molti utenti hanno bollato il programma come trash, patetico, fuori luogo. Il livello del dibattito su X (ex Twitter) è emblematico: “Uno che rutta in TV? Ma sul serio?”, “Questo programma è un insulto all’intelligenza”, “Lo guardi e ti senti nel 1995, ma non in senso buono”.
In mezzo a tutto questo, Pino Insegno trova anche il tempo per omaggiare le forze armate, esprimere gratitudine al pubblico “di questa splendida nazione” e lanciarsi in appelli all’unità nazionale sotto la bandiera del buonumore. Il patriottismo da prima serata sembra più un intermezzo da comizio che un momento di varietà, aggiungendo un ulteriore livello di perplessità a uno show già problematico.
La nostalgia non basta
Il ritorno del duo Insegno-Ciufoli poteva essere un’operazione di revival ben congegnata. La Premiata Ditta ha rappresentato un pezzo importante della comicità televisiva italiana, e molti spettatori ricordano con affetto le gag degli anni d’oro. Ma “Facci ridere” sembra più una copia sbiadita di ciò che fu. La scenografia minimal, il ritmo compassato, le battute telefonate e il format scolastico sembrano destinati a un pubblico che guarda la TV come si guarderebbe un vecchio VHS trovato in soffitta.
Ciufoli resta, in tutto questo, l’unica vera nota positiva: il suo stile surreale, le freddure nonsense e la sua mimica irresistibile strappano qualche sorriso genuino. Alcuni utenti hanno persino scritto: “Fermate Ciufoli, mi fa troppo ridere!”, a conferma che – se proprio si vuole trovare qualcosa da salvare – è lui il protagonista involontario dello show.
Tele Meloni o televisione pubblica?
C’è chi ha ironizzato sullo spirito del programma, definendolo una perfetta rappresentazione della cosiddetta “Tele Meloni”: uno show apparentemente spensierato, ma infarcito di messaggi nazionalisti, revival vintage e una comicità che strizza l’occhio a un’Italia che fu, forse quella che oggi si vorrebbe rievocare più per nostalgia politica che per valore artistico.
Quella che doveva essere una semplice trasmissione comica estiva si è trasformata così in un caso culturale e politico. E anche qui, la battuta finale sembra scritta da sé: “Facci ridere”? Forse involontariamente, sì.
Una risata (amara) la seppellì
Alla fine, “Facci ridere” è il classico esempio di televisione che cerca la leggerezza, ma inciampa nella caricatura di se stessa. Una comicità che ha smarrito il tempo presente, incapace di rinnovarsi o di parlare un linguaggio che possa davvero far ridere chi guarda nel 2025. Il passato, per essere rivisitato con successo, ha bisogno di intelligenza, ironia e soprattutto di autocritica. E qui, purtroppo, manca tutto.