Emissioni, futuro e responsabilità: la vera sfida dell’auto ecologica

Non bastano bonus e slogan: la transizione verde dell’automotive richiede visione, investimenti pubblici e scelte coraggiose. E l’Italia, cuore manifatturiero d’Europa, non può restare a guardare.

Emissioni

L’industria automobilistica è al centro di una rivoluzione epocale. Ma mentre si discute di incentivi e tecnologie, i numeri raccontano un’urgenza che non può essere ignorata: le emissioni vanno abbattute, il futuro è adesso, e serve una nuova cultura della responsabilità condivisa, in cui anche lo Stato giochi il proprio ruolo.

L’auto cambia pelle: numeri che parlano chiaro

Dal 2020 al 2050, le auto a benzina passano da 267 a 152 grammi di CO₂ per chilometro, quelle a gasolio da 232 a 115. In apparenza un progresso. Ma se guardiamo oltre il tubo di scarico, la realtà è un’altra: le auto elettriche crollano da 100 a soli 21 grammi, mentre le auto a idrogeno da 136 a 33 grammi. Una rivoluzione silenziosa, ma potentissima.

Questi dati, tratti dalla Dataroom FIA/ICCT dedicata all’evoluzione delle emissioni nel ciclo di vita dei veicoli, dimostrano che la vera differenza non è tra modelli vecchi o nuovi, ma tra chi inquina e chi no. Le auto tradizionali continueranno a emettere anche nel 2050, mentre l’elettrico e l’idrogeno si avvicinano a zero emissioni reali. La transizione non è un’opinione: è una traiettoria obbligata, e ogni rinvio è un regalo al cambiamento climatico.

Dove nascono davvero le emissioni: produzione, carburante e utilizzo

Guardiamo ai dettagli. Le emissioni dirette, cioè quelle che avvelenano l’aria che respiriamo durante l’utilizzo dell’auto, sono destinate a restare elevate anche nel 2050 se non si cambia radicalmente strada: si stimano ancora 100 grammi di CO₂ al chilometro per la benzina, 70 per il gasolio. L’auto ibrida farà meglio, attestandosi intorno ai 50 grammi, ma rimarrà un gradino sotto rispetto a elettrica e idrogeno, che puntano a zero emissioni allo scarico.

E non è tutto. Guardando al futuro, anche la produzione del veicolo e dell’energia o del carburante conterà sempre di più. Costruire un’auto elettrica generava 70 grammi per chilometro di CO₂ nel 2020; nel 2050 ci si aspetta che si dimezzeranno, grazie a una filiera decarbonizzata. Lo stesso vale per l’idrogeno, che potrebbe passare da 60 a 30 grammi.

A fare la vera differenza sarà come produrremo l’energia: se oggi l’elettricità sporca pesa, domani la rete rinnovabile potrà azzerare le emissioni indirette dell’elettrico. L’idrogeno, se prodotto in modo sostenibile, seguirà lo stesso percorso. Benzina, gasolio e ibrido, invece, dipenderanno ancora da combustibili fossili, con emissioni inevitabili.

Il 2050 ci sfida a scegliere: accelerare verso tecnologie pulite o rimanere legati a sistemi che, anche fra 25 anni, inquineranno ancora troppo.

L’Italia non può restare in panchina

L’Italia è ancora tra i principali produttori di veicoli in Europa. Ma se non cambia passo, rischia di restare fuori dal futuro. Troppo spesso il dibattito si riduce a rottamazioni, incentivi e detrazioni fiscali. Ma il problema è strutturale. Serve una politica industriale capace di riconvertire intere filiere, accompagnare le piccole e medie imprese, garantire infrastrutture adeguate e formare competenze nuove.

Le imprese non possono essere lasciate sole. I cittadini non possono portare sulle spalle il costo della transizione. E il mercato da solo non può correggere decenni di ritardo. La responsabilità è anche pubblica. Senza un intervento deciso dello Stato, il rischio è che l’innovazione arrivi altrove e l’Italia diventi un semplice assemblatore a basso valore aggiunto.

Emissioni e futuro: la transizione è un dovere pubblico

La transizione ecologica non è una scelta opzionale. È una responsabilità storica. Ma non può essere scaricata esclusivamente su chi compra l’auto o su chi la produce. Serve un progetto pubblico, con una visione industriale chiara e con risorse vere.

L’Europa ha fissato obiettivi ambiziosi, come lo stop alla vendita di auto termiche dal 2035. Ma questi traguardi non si raggiungono con i convegni. Servono investimenti, regole, pianificazione. E l’Italia, che ha un sistema industriale ancora centrale, deve stare al timone di questo cambiamento. Non subire la transizione. Guidarla.

Non è solo una transizione. È una trasformazione.

Il futuro si scrive ora. E non con le parole, ma con decisioni strutturali. Le auto cambiano, i dati lo dimostrano. Ma se non cambiano anche le politiche, la transizione ecologica resterà uno slogan. E con essa, perderemo tempo, posti di lavoro e salute.

Emissioni, futuro, responsabilità: tre parole da trasformare in azione. Prima che sia troppo tardi.