
Nel silenzio ovattato dei reparti ospedalieri, interrotto solo da terapie, diagnosi difficili e dalla voce dei familiari giunti in orario di visita, il cibo diventa molto più di un semplice nutrimento. Per chi affronta patologie complesse come la fibrosi cistica, il cancro o l’insufficienza renale cronica, ogni pasto può trasformarsi in una sfida: il gusto che svanisce, la difficoltà di deglutire, i nutrienti che faticano a essere assorbiti dal corpo. Ma da questa difficoltà nasce una nuova speranza, grazie a un progetto innovativo che unisce competenze sanitarie e tecnologiche.
Inalpi S.p.A., un’azienda lattiero-casearia con una lunga tradizione nel cuore del Piemonte, e l’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano hanno deciso di collaborare per migliorare la qualità della vita di questi pazienti fragili. L’obiettivo è ambizioso: creare alimenti funzionali capaci non solo di sostenere il corpo, ma anche di restituire il piacere del cibo a chi lo aveva perduto.
Il progetto, presentato ieri a Torino, presso Grattacielo Regione Piemonte, si muove su un terreno delicato, dove il cibo incontra il benessere psicologico. “Volevamo dare ai pazienti un alimento che non fosse solo nutrizionalmente corretto, ma anche piacevole, capace di riportarli a un’idea di normalità”, spiega Marco Tinivella, responsabile della Dietetica e Nutrizione Clinica dell’Ospedale San Luigi. Per un malato, sedersi a tavola senza temere il cibo può significare ritrovare una parte di sé, un frammento di quotidianità che sembrava perduto.
Il latte, materia prima tanto semplice quanto straordinariamente versatile, è il cuore pulsante di questa iniziativa. Nei laboratori di InLab Solutions, il centro di ricerca di Inalpi, prende forma un prodotto che combina tecnologia e tradizione. “La nostra filiera corta e controllata ci consente di garantire qualità assoluta”, sottolinea Ambrogio Invernizzi, presidente di Inalpi. Ma questa volta il latte non si ferma alla sua forma classica. Grazie a processi innovativi, si trasforma in un alimento funzionale, studiato per rispondere alle esigenze specifiche di chi combatte contro patologie debilitanti.
Nei laboratori di InLab Solutions, il centro ricerche dell’azienda, il latte prende vita in forme nuove e inaspettate. Jean Pierre Studer, amministratore delegato di InLab Solutions, descrive così il contributo della sua squadra: “Grazie alla nostra esperienza e alle attrezzature all’avanguardia, stiamo formulando alimenti che non siano solo utili dal punto di vista nutrizionale, ma anche piacevoli e adattati ai bisogni di chi è più fragile. È una sfida complessa, ma la guida fornita dal Dipartimento di Dietetica del San Luigi ci permette di affrontarla con metodo”.
Il lavoro dei ricercatori è guidato dalle indicazioni cliniche fornite dall’ospedale, unendo scienza medica e competenze industriali in una sinergia che promette di aprire nuove prospettive. “Questo progetto rappresenta un esempio virtuoso di come le nostre competenze possano unirsi per il benessere della comunità”, commenta Davide Minniti, Direttore Generale del San Luigi.
Le difficoltà non mancano. Ogni patologia coinvolta presenta esigenze nutrizionali uniche e complesse. Chi vive con la fibrosi cistica ha bisogno di una dieta altamente calorica e proteica; i pazienti oncologici affrontano alterazioni digestive che rendono il cibo un ostacolo, più che una fonte di energia; chi è sottoposto a dialisi deve mantenere un equilibrio delicato tra proteine, fosforo e calorie. Ma è proprio qui che risiede la forza di questa iniziativa: nella capacità di tracciare percorsi specifici e personalizzati, senza mai perdere di vista la centralità della persona.
L’entusiasmo per questa iniziativa coinvolge tutti i partner del progetto. Marcello Pellegrino, Direttore Compral Latte, sottolinea il ruolo fondamentale della filiera corta, che permette di partire da una materia prima eccellente. Federico Riboldi, assessore alla Sanità della Regione Piemonte, si dice fiducioso che questo progetto possa rappresentare un modello replicabile. “Migliorare l’alimentazione significa migliorare la qualità della vita. Auspichiamo che, se i risultati saranno positivi, questa sperimentazione posso essere estesa ad altre realtà sanitarie”.
Dietro ogni alimento creato c’è un’idea potente: restituire a chi soffre il piacere di un pasto. Non si tratta solo di nutrire il corpo, ma anche di consolare l’anima. Per chi vive con una malattia cronica, il cibo può rappresentare molto più di una fonte di energia: è una connessione con il mondo, una piccola promessa di normalità.
“In questo progetto c’è l’eco di una missione più grande”, conclude Invernizzi. “Unire salute e innovazione per offrire, oltre alla cura, un messaggio di speranza. È questo il significato più profondo di ciò che stiamo costruendo: trasformare un semplice bicchiere di latte in un ponte verso una vita migliore”.