Da Di Natale a Lukaku fino ai Sauditi: il valore della riconoscenza e dei soldi

Era il 25 agosto del 2010 quando Totò Di Natale, bandiera e simbolo dell’Udinese, riceveva un’offerta irrinunciabile da parte della Juventus, che costituiva, vista anche l’età dell’allora attaccante della nazionale, l’ultima possibilità di una svolta importante nella sua carriera, con una proposta di ingaggio nettamente superiore rispetto a quanto percepito in Friuli. Il suo procuratore (Bruno Carpeggiani) era a Torino in attesa del si del giocatore, che la maggior parte degli organi di stampa considerava assolutamente scontato.

Nella stessa giornata, in occasione della presentazione della squadra, il capitano rassicurò – dal palco – con un malcelato imbarazzo, il popolo friulano (che era ormai rassegnato a perderlo) sul fatto che avrebbe onorato il contratto, manifestando il desiderio di chiudere la carriera in Friuli. Sembravano parole di circostanza per chi non conosceva lo spessore dell’uomo.

In realtà, il giorno dopo Di Natale confermò la sua intenzione al presidente Pozzo, non accettando il trasferimento in quanto profondamente grato alla città che lo aveva eletto come proprio simbolo e per la quale questa sua rinuncia aveva il valore del più ambito dei trofei.Era il caso piu’ eclatante di un’epoca in cui ancora esistevano le cosiddette “bandiere” ed esisteva la riconoscenza: come dimenticare Zanetti e Totti che rifiutarono il trasferimento al Madrid, decidendo di rimanere indissolubilmente legati ai propri colori.

Il voltafaccia di Romelu Lukaku

Sono passati solo 13 anni da quei giorni ma da Di Natale a Lukaku il passo è lunghissimo e la riconoscenza è diventata ormai un valore quasi estinto.I fatti sono noti: nel 2019 l’Inter lo acquista dal Manchester United reduce, eccezion fatta per l’esperienza con l’Everton, da un percorso in Premier avaro di soddisfazioni e l’anno successivo il belga diventa fondamentale per la conquista dello scudetto da parte dei nerazzurri.

Nell’estate del 2021 Lukaku tradisce per la prima volta l’amore della propria tifoseria, scegliendo, grazie soprattutto ad un ingaggio altissimo, di fare ritorno al Chelsea, che lo aveva già acquistato nel 2011, senza però credere mai pienamente nelle sue possibilità, come dimostrato dai prestiti al West Bromvich prima ed all’Everton in seguito.Dopo l’annunciato flop con i Blues, lo scorso anno il belga era stato riabbracciato dai tifosi che gli avevano perdonato il tradimento della stagione precedente.

L’ottimo finale di stagione (finale Champions a parte) aveva fatto rialzare le quotazioni dell’attaccante e posto le basi per un nuovo acquisto da parte della società nerazzurra. L’accordo era già stato raggiunto tra le due società ma il clamoroso dietrofront del belga (nel frattempo dileguatosi) allettato da una proposta di ingaggio più alta da parte della Juventus, ha fatto saltare l’operazione mandando su tutte le furie il popolo nerazzurro tradito per la seconda volta con l’aggravante di un trasferimento ai rivali storici che sembra poter avere grandi possibilità di riuscita.In questo caso parlare di mancanza di riconoscenza è persino riduttivo.

Il nuovo Eldorado del pallone

Intanto il nuovo Eldorado calcistico (leggasi Arabia Saudita), dopo la Serie A (Brozovic e Milinkovic Savic in primis) sta contribuendo ad ammainare le ultime bandiere anche in un campionato ricco di soldi e passione come la Premier. Jordan Henderson, capitano e simbolo del Liverpool, ai Reds dal 2011, ha accettato la ricchissima offerta degli arabi del Al-Ettifaq, lasciando sotto choc una tifoseria che, come poche, riesce a stabilire un legame unico con i suoi giocatori, come di recente testimoniato dalle travolgenti manifestazioni d’affetto a Firmino, anche lui approdato in Arabia.

Molto più indolori erano stati in Spagna gli addii delle due bandiere di Real e Barcellona, ovvero Benzema e Busquets, che hanno deciso di spendere gli ultimi spiccioli della loro luminosa carriera in campionati meno impegnativi (e soprattutto più remunerativi).Manè non era certo una bandiera del Bayern, ma anche il vice-pallone d’oro del 2022 (proprio dietro Benzema), a soli 31 anni, ha preferito il ricchissimo ingaggio del Al-Nassr ad una lega europea più competitiva.

Il Dio denaro e le scelte dei giocatori

La verità è che il processo in atto sembra irreversibile con il Dio denaro a condizionare in modo totale le scelte dei giocatori e di conseguenza le strategie delle società. E proprio un giocatore ex Udinese, Odion Ighalo, ha dichiarato qualche giorno fa che i calciatori che scelgono l’Arabia, lui compreso, lo fanno esclusivamente per soldi e non per passione.

Apprezziamo la sua onestà intellettuale ma crediamo vi fossero pochi dubbi in proposito. La passione e la storia non si possono certo comprare al supermercato e su questi fattori si gioca il futuro della lega saudita, posto che nemmeno l’arrivo di grandi stelle (a quelli citati aggiungiamo i recenti arrivi di Mahrez, Kantè e Coulibaly) garantirà l’ascesa del calcio arabo verso i livelli dei grandi campionati europei.

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