Caso di Garlasco: un colpevole senza prove? La voce di Stasi riapre i sospetti

A distanza di quasi vent'anni dall'omicidio di Chiara Poggi, nuove testimonianze e vecchie ombre riaccendono i riflettori su uno dei casi più controversi della cronaca nera italiana. Alberto Stasi, dal carcere, rompe il silenzio.

Garlasco delitto

Garlasco, il giorno che cambiò tutto: l’inizio di un enigma irrisolto. Una tranquilla villetta nella provincia pavese si trasforma nella scena di un omicidio brutale. Chiara Poggi, 26 anni, viene trovata senza vita. A fare la macabra scoperta è il suo fidanzato, Alberto Stasi. Bastano poche ore perché il giovane venga iscritto nel registro degli indagati. Da quel momento in poi, la sua vita cambierà per sempre.

Un processo senza movente, senza prova, con una condanna

Assolto due volte, condannato alla fine. Nel 2015, dopo otto anni di battaglie legali, il quinto grado di giudizio inchioda Alberto Stasi a 16 anni di reclusione. Il caso di Garlasco sembra chiuso. Ma le parole che emergono dalla sua intervista concessa a Le Iene aprono nuovi interrogativi: “Non c’era voglia di trovare la verità. Era un meccanismo che non poteva più fermarsi”.

La voce dal carcere: “Non ho nulla da rimproverarmi”

Dal carcere di Bollate, Stasi parla come mai prima. Ricorda Chiara, i suoi genitori, i processi subiti, le forzature delle indagini. Il tono è lucido, distante dal cliché del colpevole pentito. “Un innocente in carcere non è per forza un uomo devastato. La mia coscienza è leggera. Non ho colpe da espiare”, afferma. Ma se lui non è l’assassino, allora chi lo è?

La macchina giudiziaria: un ingranaggio che non perdona

Secondo Stasi, la sua condanna è il frutto di un errore iniziale mai sanato. Un arresto prematuro, una perizia dei RIS poi rivelatasi sbagliata, e la necessità di difendere l’onore della Procura. “Era diventato un problema di carriera, non di giustizia”, dice. Le sue parole fanno tremare le fondamenta del sistema giudiziario.

Supertestimone e sospetti sopiti: le nuove rivelazioni

Un’intervista esplosiva scuote il caso: un uomo riferisce che, subito dopo l’omicidio, vide Stefania Cappa – cugina di Chiara – entrare agitata con una borsa pesante nella casa della nonna. Non era mai stata lì prima. E qualcuno avrebbe anche udito oggetti gettati in un fosso. Ma le testimoni nel frattempo sono morte, e quel dettaglio resta sospeso come un’eco nel buio.

“Mi sa che abbiamo incastrato Stasi”: audio mancanti e messaggi fantasma

Le Iene ricevono centinaia di messaggi e vocali da Francesco Chiesa Soprani, ex amico di Paola Cappa, sorella di Stefania. La frase “Abbiamo incastrato Stasi” non compare, ma un vocale colpisce: “Arriverà il giorno che parlerò. Mi pagheranno milioni. E dirò tutto.” Verità taciute? O solo provocazioni? Le domande si moltiplicano.

Andrea Sempio: l’altro nome nell’ombra

Anche Andrea Sempio, amico di Chiara, finisce sotto i riflettori. La madre, in una telefonata anticipata da Le Iene, lo difende: “In pochi credono davvero che Alberto sia l’assassino”. E racconta di una presunta lite tra Chiara e la cugina, avvenuta il giorno prima del delitto. Un dettaglio mai verbalizzato, mai emerso nei processi.

Una verità negata o sepolta?

“Per sette anni non hanno cercato la verità, ma solo di confermare un’idea.” Le parole di Stasi riecheggiano come un verdetto alternativo. Il processo che lo ha condannato appare, nella sua versione, come un ingranaggio che ha travolto tutto e tutti. Ma cosa succede quando l’apparato giudiziario sbaglia? E, soprattutto, cosa succede se non ha mai sbagliato?

Un mistero che continua a inquietare

Il delitto di Garlasco resta una ferita aperta. Tra nuovi sospetti, testimonianze mai ascoltate e una condanna controversa, la domanda è una sola: abbiamo davvero trovato il colpevole? O stiamo guardando dalla parte sbagliata da quasi vent’anni?