Cardiff, Natale di sangue: il caso Dylan Thomas e l’omicidio del migliore amico

Una tragedia annunciata: amicizia, solitudine, disagio mentale e un omicidio brutale che sconvolge il Galles e solleva interrogativi sulla salute mentale giovanile.

Dylan Thomas

È la Vigilia di Natale del 2023, quando il centralino d’emergenza britannico riceve una telefonata glaciale: “Il mio amico è morto”, afferma una voce giovane ma disturbata. È Dylan Thomas, 23 anni, visibilmente scosso, che pochi minuti prima ha brutalmente ucciso il suo migliore amico e coinquilino, Will Bush, nella loro casa di Cardiff. In sottofondo, le urla straziate della nonna di Dylan. È l’inizio di una tragedia che scuoterà profondamente il Galles e farà luce su una lunga catena di segnali ignorati.

Un’amicizia che nasce tra i banchi e cresce nel tempo

William Kenneth Bush e Dylan Thomas si conoscono a 13 anni al Christ College, prestigiosa scuola privata gallese. L’uno riflessivo e affettuoso, l’altro impulsivo e brillante, diventano subito inseparabili. Will vive con i genitori, John e Liz, la sorella Catrin e il fratello Alex. Fin da piccolo è un ragazzo amichevole e riservato, molto legato alla famiglia e agli amici. Tranquillo, affettuoso, leale, legato alla famiglia e alla comunità. Dylan, nasce in una famiglia straordinariamente ricca, di origini scozzesi. Sua madre, Kirstie Howells, è un’ex modella internazionale legata all’agenzia Elite, mentre il padre, Scott Thomas, proviene da un’importante dinastia imprenditoriale gallese. La fortuna familiare deriva dal nonno paterno, Sir Stanley Thomas, fondatore della Peter’s Food, venduta nel 1988 per 95 milioni di sterline. Un’eredità che rende Dylan il futuro erede di un patrimonio complessivo di circa 270 milioni di euro.

Ma dietro la facciata edulcorata si nasconde un’infanzia segnata da traumi profondi. A soli 3 anni, Dylan assiste a un episodio di violenza domestica tra i genitori che porta al divorzio dei due e alla condanna del padre a sei mesi di carcere.

L’unico equilibrio stabile di Dylan è proprio Will. Un rapporto di amicizia simbiotica che durerà dieci anni e sfocerà in una convivenza a Cardiff nel 2021.

Vivere insieme: due stili di vita in conflitto

Nell’appartamento in Chapel Street, la dinamica tra i due ragazzi si definisce con ruoli chiari: Will lavora come perito edile, è attivo, socialmente inserito; Dylan Thomas, invece, non studia, non lavora, non ha amici né obiettivi. Si appoggia completamente all’amico, che diventa per lui riferimento esclusivo. Convivono anche con Bruce, un cane affidato alla custodia di Dylan ma di fatto seguito da Will.

Nel settembre del 2023, Will inizia ad accusare disturbi fisici e psicologici: emicranie intense, nausea, crisi d’ansia. Il malessere lo costringe a prendersi un mese di malattia, durante il quale decide di licenziarsi. Il lavoro era troppo stressante. Contemporaneamente, propone a Ella di andare a vivere insieme.

Questa decisione, positiva per Will, segna per Dylan un punto critico. Will, rimasto senza stipendio, viene sollevato dal pagamento dell’affitto, a patto che continui a occuparsi del cane e a fare da autista a Dylan. Il legame tra i due sembra saldo, ma qualcosa cambia in profondità. Per Dylan, questo suona come una sentenza di abbandono.

L’inizio della frattura: Dylan Thomas sempre più solo

Con l’avanzare della storia tra Will ed Ella, Dylan sprofonda in un abisso silenzioso. La sua routine si sgretola. La dipendenza affettiva verso Will lo priva di qualsiasi autonomia emotiva. Vive in casa, solo, senza stimoli, nutrendo un crescente risentimento nei confronti dell’unico amico che lo aveva accettato davvero.

Le tensioni si amplificano in autunno, quando Will si ammala e decide di licenziarsi, ipotizzando un futuro con Ella. Per Dylan, questo suona come una sentenza di abbandono.

Viaggi senza logica e deliri: la mente di Dylan Thomas collassa

È in questo periodo che Dylan manifesta i primi comportamenti inspiegabili. Il 3 novembre parte per la Turchia senza avvisare nessuno, affermando in seguito di voler visitare Gaza, già dilaniata dalla guerra. Trascorre qualche giorno a Istanbul, poi torna in Galles passando per Roma, spiegando che il volo era “più economico”.

Il 6 novembre, si presenta a Buckingham Palace e tenta di scalare la recinzione. Viene bloccato e arrestato. Si giustifica dicendo di voler “esplorare un campo energetico tra il palazzo e Cleopatra’s Needle”. Aggiunge che le guardie potevano leggere i suoi pensieri.

Rilasciato su cauzione, torna a casa e racconta tutto a Will, con tono distaccato e surreale. La situazione è chiaramente allarmante, ma nessuno interviene. Nessuna segnalazione, nessuna richiesta d’aiuto. Will non informa la famiglia, forse per proteggerlo, forse perché non coglie fino in fondo la gravità del declino mentale dell’amico.

La Vigilia di Natale: L’Ora della Follia

Il 24 dicembre 2023, Dylan torna nella casa condivisa con Will. Dylan chiede alla nonna di accompagnarlo. Pochi minuti prima, scrive messaggi insistenti: “Sei a casa?”. “Devo vederti”. “Devo vederti prima che tu parta”. Will, ignaro, accetta di incontrarlo.

L’aggressione è improvvisa e brutale. Will viene colpito alla nuca, con una coltellata che lo coglie completamente di sorpresa. Nonostante la gravità del colpo, riesce a fuggire. Ma Dylan lo insegue. La scena si sposta rapidamente dalle scale alla cucina e infine al patio esterno.La violenza si consuma in pochi minuti, ma è di un’intensità sconvolgente. Will riceve in totale 37 coltellate, concentrate su nuca, testa e petto. Le ferite più gravi vengono inflitte in cucina. Dylan infierisce fino a recidere la gola dell’amico, tagliando l’arteria giugulare. È una morte feroce.

C’è il sospetto che Will abbia provato a difendersi, e le ferite sulle mani di Dylan potrebbero confermarlo. Ma esiste anche l’ipotesi opposta: che Dylan se le sia autoinflitte, per simulare una colluttazione e costruire la tesi della legittima difesa. Fuggendo, Will riesce a raggiungere il patio esterno, ma lì si accascia. È stato visto da alcuni passanti, coperto di sangue, ancora cosciente. Uno di loro, John Ivins, sente le grida e accorre con la sua famiglia. Davanti a quella scena agghiacciante, chiama subito i soccorsi.

Nel frattempo, Dylan rientra in casa e completa l’assalto, colpendo Will ancora una volta mentre giace a terra.

Dylan, freddamente, torna in auto dalla nonna e confessa: “L’ho ucciso. Era legittima difesa”.

Indagini, bugie e segnali ignorati

Subito arrestato, Dylan fornisce spiegazioni deliranti: “Voleva bere il mio liquido spinale”, “Siete scimmie o mutaforma?”. I suoi comportamenti indicano chiaramente una psicosi in corso. Ma i dati raccolti dalla polizia raccontano altro.

Le ricerche effettuate online poche ore prima dell’omicidio — “arteria giugulare”, “vene e arterie”, “raccogli ciò che semini” — suggeriscono una pianificazione. L’omicidio, secondo l’accusa, non è stato il frutto di un momento di follia pura, ma una scelta deliberata.

Il processo: tra psicosi e premeditazione

A novembre 2024 si apre il processo. Dylan non sostiene più la tesi della legittima difesa, ma quella del disturbo mentale. Il suo avvocato parla di schizofrenia e psicosi, confermate anche da uno psichiatra forense. Eppure l’accusa è decisa: il gesto è stato consapevole, spinto da rancore e invidia.

Will, nel frattempo, aveva confidato a Ella un episodio inquietante: Dylan gli aveva detto, in tono serio, “Mi chiedo cosa si provi a ucciderti”. Spaventato, Will si era chiuso in camera, mentre Dylan tentava di forzare la porta.

Durante la lettura del verdetto, Dylan Thomas, collegato in video dall’ospedale, rimane impassibile. Nessuna reazione, nessuna parola. Il 24 gennaio 2025, la giudice Karen Steyn pronuncia la condanna: colpevole di omicidio, ergastolo, con un minimo di 19 anni da scontare prima di poter chiedere la libertà condizionale.

Una morte evitabile: la responsabilità collettiva

La vicenda di Dylan e Will non è solo un tragico fatto di cronaca. È il ritratto di una società che troppo spesso ignora i segnali del disagio mentale, soprattutto nei giovani. Nessuno — né amici, né parenti, né istituzioni — ha colto la gravità della situazione. E Will, ragazzo pieno di vita, è diventato vittima di un sistema che ha lasciato solo anche Dylan.

Giovani e salute mentale: un’allerta globale

Secondo l’OMS, 1 adolescente su 7 nel mondo soffre di un disturbo mentale diagnosticabile. Ansia, depressione, isolamento, autolesionismo e ideazioni suicide sono in costante aumento. Il suicidio è oggi la quarta causa di morte tra i 15 e i 19 anni.

Eppure, il 90% dei giovani con disturbi mentali nei Paesi a basso reddito non riceve cure. In Europa, la situazione non è molto migliore. Tra i giovani in affidamento, il 75% ha vissuto traumi gravi, e molti di loro sviluppano disturbi psicologici cronici.

In Italia, oltre il 50% degli adolescenti dichiara di vivere stati ricorrenti di ansia e tristezza. Le pressioni scolastiche, i social media, l’insicurezza economica e la solitudine acuitasi nel post-pandemia stanno minando il benessere mentale delle nuove generazioni.

La lezione del caso Dylan Thomas

Il delitto di Cardiff è un monito. Parla della fragilità umana, del potere distruttivo della solitudine e della necessità urgente di ascoltare, osservare, intervenire. Parla di amicizie che diventano prigioni, di aiuti mai chiesti o mai offerti.

Non basta parlare di salute mentale. Servono politiche reali, prevenzione nelle scuole, formazione delle famiglie, accesso a cure tempestive. La salute mentale non è un lusso. È un diritto, e spesso può fare la differenza tra la vita e la morte.