Bristol, delitto irrisolto per 58 anni: così la scienza ha fatto giustizia

Un omicidio dimenticato, una scatola di reperti e la determinazione di una squadra: la storia del caso Louisa Dunne, risolto dopo oltre mezzo secolo grazie al DNA.

Bristol delitto

Nel giugno del 1967 la città di Bristol venne scossa da un crimine brutale. Louisa Dunne, 75 anni, fu trovata morta nella sua abitazione di Britannia Road, nel quartiere di Easton. Era stata violentata e assassinata. Una violenza che colpì non solo per la sua ferocia, ma anche perché la vittima era una donna anziana, molto conosciuta nella zona, tutt’altro che isolata.

Louisa era madre, nonna, vedova due volte. Il suo primo marito era stato un sindacalista di rilievo e la sua casa, negli anni, era diventata un punto di riferimento per l’attività politica locale di Bristol. Anche nel 1967, sebbene vivesse sola, restava una presenza familiare nel quartiere: i vicini erano abituati a vederla sulla soglia di casa ogni giorno.

Bristol: un’indagine enorme, ma senza risposte

L’inchiesta avviata subito dopo il delitto fu imponente per gli standard dell’epoca. La polizia bussò a circa 8.000 porte e raccolse 19.000 impronte palmari. Nonostante lo sforzo straordinario, mancavano testimoni diretti e non emersero elementi decisivi. L’unico indizio concreto era un’impronta su un finestrino posteriore, insufficiente per arrivare a un nome.

Con il passare del tempo, il caso Louisa Dunne entrò nella lunga lista dei cold case: fascicoli archiviati, piste esaurite, speranze che lentamente si spegnevano. Per decenni, nessuno riuscì a fare un passo avanti.

La riapertura del caso dopo mezzo secolo

Nel giugno 2023, quasi per caso, il nome di Louisa Dunne tornò alla luce. Jo Smith, funzionaria civile del team di revisione dei reati della polizia di Avon e Somerset, ricevette l’incarico di “dare un’occhiata” a quel vecchio fascicolo. La data, 1967, lasciava pochi dubbi: solo la moderna scienza forense poteva offrire una possibilità concreta.

Smith si recò negli archivi centrali di Portishead, un’ex armeria trasformata in deposito. Qui trovò tre scatole di reperti dimenticate. Non erano sigillate né catalogate secondo gli standard moderni: solo vecchie etichette di cartone, segno che quegli oggetti non erano mai stati sottoposti ad analisi contemporanee.

Quelle scatole mai aperte

Indossando guanti protettivi, Smith e un collega trascorsero un’intera giornata a inventariare e insacchettare il contenuto. Fu un lavoro lento e meticoloso. Poi, per mesi, non accadde nulla. Il progetto rimase in sospeso, accolto con scetticismo. Analizzare reperti vecchi di oltre 50 anni non era considerato una priorità, soprattutto in un contesto in cui i crimini recenti richiedono risposte immediate.

Eppure Smith non smise di credere nel potenziale di quella scoperta. Per lei, quelle scatole rappresentavano una possibilità rimasta intatta per decenni.

Una squadra abituata a lavorare nell’ombra

Il team di revisione dei reati di Avon e Somerset, attivo dal 2008, è composto da pochi investigatori, tra poliziotti e civili, spesso part-time. Si occupano di omicidi irrisolti, stupri storici, persone scomparse e resti umani non identificati. Il loro compito è rileggere il passato con occhi nuovi.

Negli anni, il gruppo aveva recuperato fascicoli dimenticati in soffitte e depositi di vecchie stazioni di polizia, centralizzandoli a Portishead. Anche il caso Dunne aveva viaggiato per decenni da un ufficio all’altro prima di finire lì.

Il momento decisivo

Alla fine del 2023 arrivò una svolta interna: il nuovo ispettore capo Dave Marchant assunse la guida del team. Ex ingegnere aerospaziale, Marchant portò un approccio diverso, orientato alla risoluzione dei problemi. Quando Smith gli parlò delle scatole di Louisa Dunne, la decisione fu immediata: tentare.

I reperti vennero finalmente inviati alla scientifica. Il processo, però, non fu rapido. Nei cold case, le analisi possono richiedere mesi, perché i laboratori devono dare priorità alle indagini in corso.

Il DNA cambia tutto

Alla fine di agosto 2024, l’ultimo giorno delle sue vacanze estive, Smith ricevette un messaggio: era stato ottenuto un profilo completo del DNA dello stupratore. Poche ore dopo, un secondo messaggio rese la notizia ancora più incredibile: il profilo aveva una corrispondenza nel database nazionale. L’uomo era vivo.

Il nome emerso era quello di Ryland Headley, 92 anni, residente a Ipswich.

Un passato che torna a galla

Headley non era uno sconosciuto alla giustizia. Nel 1977 si era dichiarato colpevole dello stupro di due donne anziane, aggredite nelle loro abitazioni. Le descrizioni dei reati, lette oggi, appaiono inquietantemente simili a ciò che Louisa Dunne aveva subito dieci anni prima.

Nonostante una condanna iniziale all’ergastolo, Headley era riuscito a ottenere una riduzione drastica della pena, scontando solo pochi anni di carcere.

Undici settimane contro il tempo

Data l’età avanzata del sospettato, la squadra sapeva di non poter perdere tempo. In undici settimane furono riesaminati oltre 1.300 verbali e migliaia di rapporti. Un investigatore consultò gli archivi comunali del 1967, strada per strada, fino a trovare la prova che Headley viveva a Bristol all’epoca del delitto.

L’arresto e la condanna

L’arresto di un uomo di 92 anni non fu una decisione presa alla leggera. C’erano timori per la sua salute e per la possibilità che non fosse giudicato idoneo al processo. Ma tutto procedette. Nel giugno 2025 Ryland Headley fu riconosciuto colpevole di stupro e omicidio e condannato all’ergastolo, senza possibilità di rilascio.

Una giustizia arrivata tardi, ma arrivata

Per la nipote di Louisa Dunne, Mary Dainton, la verità è arrivata quando ormai nessuno la aspettava più. Per decenni, lo stigma e il silenzio avevano accompagnato la sua famiglia. La condanna non ha cancellato il dolore, ma ha restituito una voce a una donna dimenticata.

Un caso destinato a fare scuola

Quello di Louisa Dunne è oggi considerato il cold case più antico mai risolto nel Regno Unito. Dimostra che il tempo non cancella le prove, ma solo le nasconde. E che, a volte, basta aprire una scatola dimenticata per riscrivere la storia.