
Il remake live-action di Biancaneve, diretto da Marc Webb e interpretato da Rachel Zegler e Gal Gadot, ha esordito nelle sale con incassi inferiori alle aspettative. Un adattamento che ambiva a reinterpretare il classico del 1937 ma che, tra scelte artistiche controverse e una narrazione debole, non ha convinto né la critica né il pubblico.
Biancaneve: un adattamento che perde la magia della fiaba
La fiaba di Biancaneve, tramandata dai fratelli Grimm nel 1812 con il titolo Sneewittchen, racchiude archetipi psicologici profondi, come l’invidia, la purezza perseguitata e il ciclo di morte e rinascita. La versione animata del 1937 della Disney aveva mantenuto intatta questa potenza narrativa, pur con le necessarie semplificazioni. Il remake del 2025, invece, appare come un’operazione di marketing che svuota la storia della sua identità simbolica, tentando un’attualizzazione poco efficace e forzata.
Interpretazioni poco convincenti
Rachel Zegler, nei panni della protagonista, non riesce a restituire l’innocenza e la profondità emotiva della Biancaneve originale. La sua interpretazione, spesso percepita come saccente e distante, genera un disallineamento tra le aspettative del pubblico e il personaggio sullo schermo. Anche Gal Gadot, nel ruolo della Regina Cattiva, offre una performance poco incisiva, caratterizzata da un’espressività fredda e da un uso imbarazzante dell’autotune che toglie carica drammatica alla sua figura.
L’assenza dei sette nani: un tradimento iconografico
Uno degli aspetti più criticati del film è la sostituzione dei celebri sette nani con un gruppo di banditi generati in CGI. Questo cambiamento snatura completamente il valore simbolico di questi personaggi, che nella versione originale rappresentavano diverse sfaccettature dell’animo umano e offrivano alla protagonista un rifugio sicuro. Il risultato è un effetto visivo poco riuscito e un ulteriore allontanamento dall’essenza della fiaba.
Una sceneggiatura incoerente e un ritmo narrativo sbilanciato
L’inserimento di una retorica progressista mal costruita porta a una Biancaneve indipendente sulla carta, ma priva di una vera crescita narrativa. La storia si sviluppa in modo incoerente, alternando momenti di emancipazione forzata a scene in cui il personaggio appare ancora ingenuo e passivo. Il ritmo narrativo, inoltre, risulta lento e discontinuo, penalizzato da sequenze superflue e da un terzo atto che manca di un vero climax emotivo.
Effetti visivi e colonna sonora: un comparto tecnico debole
Il film soffre di una CGI eccessiva e poco curata, con ambienti digitali piatti e poco immersivi. Le scelte cromatiche, tra filtri seppia e tonalità giallastre, conferiscono un aspetto artificiale e poco accattivante. Anche la colonna sonora, anziché arricchire la narrazione, si rivela invasiva e poco memorabile, con un uso eccessivo di canzoni che interrompono il fluire della storia.
Un debutto deludente al box office
Nonostante il primo posto nelle classifiche del weekend d’esordio, Biancaneve ha incassato solo 87,3 milioni di dollari a livello globale, ben al di sotto delle previsioni iniziali. Negli Stati Uniti, l’apertura di 43 milioni di dollari non ha raggiunto la soglia dei 50 milioni attesi. Anche la critica è stata severa, con un punteggio del 44% su Rotten Tomatoes, mentre il pubblico ha dimostrato un’accoglienza più positiva con un 71%. Tuttavia, il confronto con altri live-action Disney, come Mufasa: Il Re Leone, evidenzia la debolezza di questo progetto.
Un’occasione mancata
Il remake di Biancaneve si rivela un esperimento fallito, incapace di rispettare l’eredità del classico originale e di proporre una reinterpretazione realmente innovativa. Tra scelte narrative discutibili, interpretazioni poco incisive ed effetti visivi mediocri, il film rappresenta una delle operazioni più deboli della recente strategia Disney. L’attenzione al progresso e all’attualizzazione non dovrebbe mai sacrificare la coerenza e la profondità di una storia che ha attraversato generazioni.