Bambini su misura: tra genetica e IA nasce il mercato dei figli “ottimizzati”

Un servizio statunitense porta la selezione genetica degli embrioni a un nuovo livello, aprendo opportunità mediche e dilemmi etici senza precedenti.

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Chi attraversa la metropolitana di New York in questi mesi potrebbe imbattersi in un messaggio che, fino a poco tempo fa, sarebbe sembrato una provocazione distopica. “Have your best baby”, annuncia un cartellone. Poco più in là un altro rincara: “These babies have great genes”.
Dietro questi slogan c’è una startup statunitense, Nucleus Genomics, che ha deciso di portare nel quotidiano un’idea finora confinata nei laboratori e nei dibattiti accademici: la possibilità di scegliere il proprio futuro figlio sulla base di un’analisi genetica avanzata, arricchita dall’intelligenza artificiale.

La promessa è semplice, quasi rassicurante nella sua formulazione: non stiamo manipolando nulla, dicono. Stiamo solo aiutando i genitori a fare la scelta migliore possibile tra gli embrioni già esistenti. Ma la semplicità del messaggio nasconde un cambiamento profondo, sia sul piano tecnologico che simbolico.

Eredità genetica: come funziona la selezione degli embrioni tramite IA

Il servizio si rivolge alle coppie che ricorrono alla fecondazione in vitro. Dalla procedura si ottengono diversi embrioni, ognuno con un corredo genetico distinto. Nucleus offre la possibilità di analizzarne fino a venti, sequenziando alcune cellule prelevate da ciascuno. Da lì, la piattaforma elabora più di duemila predizioni: non solo predisposizioni a malattie ereditarie o condizioni complesse, ma anche caratteristiche fisiche come l’altezza prevista, il colore degli occhi, persino tratti del volto.

Poi c’è la parte più discussa: la stima delle capacità cognitive, con un punteggio ipotetico che suggerisce il potenziale quoziente intellettivo. Non si tratta di certezze, ovviamente, ma di probabilità elaborate da modelli poligenici e algoritmi addestrati su immense banche dati genetiche.

Tutto questo arriva sullo smartphone dei futuri genitori sotto forma di schede dettagliate. L’app permette addirittura di impostare delle priorità: minimizzare il rischio di alcune malattie, valorizzare tratti estetici, oppure dare più peso alle capacità cognitive. Alla fine, il sistema produce una classifica degli embrioni più coerenti con il profilo desiderato. Il costo? Circa 10 mila dollari.

La linea sottile tra diagnosi genetica e selezione

La startup insiste su un punto: non c’è editing genetico, nessuna riscrittura del DNA. La distinzione è importante, soprattutto sul piano legale, perché li posiziona nell’ambito della diagnosi genetica avanzata, un settore che negli Stati Uniti è regolato in modo molto più permissivo rispetto all’Europa.

Eppure, al di là degli aspetti normativi, il cuore della questione resta un altro: cosa significa scegliere un figlio non solo per evitare una grave malattia, ma per ottimizzarne le caratteristiche? Fino a che punto stiamo parlando di prevenzione, e da dove inizia quel territorio scivoloso che molti bioeticisti chiamano “eugenetica di mercato”?

“Designer babies”: la promessa e il pericolo di una nuova normalità

L’idea di “progettare” i propri bambini non è nuova. Da anni, nell’ambiente scientifico, se ne discute con cautela, tra entusiasmi per le potenzialità terapeutiche e timori per un uso distorto della tecnologia. Ma ciò che fa la differenza oggi non sono solo gli strumenti, bensì la loro commercializzazione: la trasformazione di un tema delicatissimo in un prodotto, confezionato e venduto come fosse un servizio premium.

Il linguaggio utilizzato da Nucleus Genomics non si limita a informare. Normalizza. Invita. Quasi seduce. E spinge a vedere la scelta del figlio migliore come un’opzione moderna, logica, quasi inevitabile.

E così prende corpo un nuovo tipo di frattura sociale. Perché è evidente che una tecnologia che costa migliaia di dollari non sarà accessibile a tutti. Ci sarà chi potrà garantire al proprio figlio un patrimonio genetico “ottimizzato” e chi continuerà a fare affidamento alla natura, al caso o alla fede.

I pacchetti su misura e il business che nasce attorno alla vita umana

L’offerta di Nucleus è già strutturata come quella di un servizio di fascia alta. Il pacchetto base, “Nucleus Embryo”, è pensato per chi ha già iniziato un percorso di fecondazione. Comprende screening genetici approfonditi e analisi degli embrioni, senza occuparsi della parte clinica.

Poi c’è “Nucleus IVF+”, che propone un’esperienza completa: cicli di fecondazione, farmaci, creazione degli embrioni e analisi genetiche, tutto integrato. I costi, tra gli 8.999 e i 9.999 dollari al mese, raccontano da soli il tipo di pubblico a cui ci si rivolge.

E Nucleus non è sola. Nella Silicon Valley e in altre aree degli Stati Uniti diversi imprenditori stanno investendo nel settore. Anche Sam Altman, CEO di OpenAI, sostiene Preventive, una delle startup più ambiziose in questo ambito. Il trend è chiaro: il mercato della procreazione sta cambiando pelle.

Dalle gemelle cinesi alle future generazioni: un dibattito ancora aperto

Il timore di oltrepassare il limite non è infondato. Nel 2018 il genetista cinese He Jiankui annunciò la nascita di due gemelline con una modifica genetica che le avrebbe rese resistenti all’HIV. La reazione fu immediata: condanna unanime della comunità scientifica e allarme globale sui rischi dell’ingegneria genetica sugli embrioni umani.

Da allora, l’editing genetico è rimasto un confine invalicabile in quasi tutto il mondo, Italia ed Europa incluse. Ma la selezione genetica avanzata, pur non intervenendo direttamente sul DNA, sembra già sufficiente a riscrivere lo scenario culturale, sociale e persino economico della genitorialità.

Cosa significa davvero “scegliere” un figlio

Molte coppie che hanno utilizzato il servizio parlano della scelta come di un gesto d’amore, quasi un dovere verso il futuro del bambino. “Ogni genitore dovrebbe farlo”, raccontano alcuni. Ma c’è un pensiero che si fa spazio: ciò che fino a ieri era considerato parte del mistero della nascita – la sua imprevedibilità – potrebbe diventare un fattore controllabile, quasi un parametro da ottimizzare.

E mentre la tecnologia avanza, cresce anche il timore che si stia aprendo una nuova forma di discriminazione: non più basata sul reddito, sull’educazione o sulle opportunità sociali, ma sul profilo genetico dei propri figli.