Addio a Emilio Fede, volto controverso del giornalismo televisivo

Emilio Fede

Si è spento a 94 anni Emilio Fede, uno dei nomi che più hanno segnato – nel bene e nel male – la storia della televisione e dell’informazione italiana. Ricoverato da tempo nella Residenza San Felice di Segrate, alle porte di Milano, le sue condizioni di salute si erano aggravate negli ultimi giorni. Accanto a lui, fino all’ultimo respiro, le figlie Sveva e Simona, che hanno dato l’annuncio della scomparsa.

La vita in breve di Emilio Fede

Nato a Barcellona Pozzo di Gotto nel 1931, Fede fu testimone diretto di decenni di storia italiana, raccontati attraverso lo schermo televisivo. Dai primi passi in Rai negli anni Cinquanta fino alla direzione del Tg1 nei primi Ottanta, dalla fondazione di Studio Aperto fino ai vent’anni di guida del Tg4, la sua voce e il suo volto hanno accompagnato intere generazioni davanti al piccolo schermo.

La sua carriera, iniziata come inviato speciale in Africa, lo portò a coprire guerre, eventi epocali e tragedie nazionali, come l’incidente di Vermicino. Ma fu soprattutto il suo lungo sodalizio con Silvio Berlusconi e con l’informazione di Fininvest prima e Mediaset poi a scolpire la sua figura nella memoria collettiva: un direttore capace di rendere il Tg4 un prodotto unico, riconoscibile, personale. Accanto ai successi, Emilio Fede ha conosciuto anche polemiche e controversie. Le accuse di faziosità politica, i processi giudiziari e il suo coinvolgimento nel cosiddetto “caso Ruby” hanno macchiato la parte finale della sua carriera, insieme al doloroso addio a Mediaset, che segnò la conclusione di un’epoca. Ma fino all’ultimo, tra ospitate televisive e rubriche giornalistiche, non ha mai rinunciato alla parola, al racconto, alla sua “fede” nel mestiere.

Nella vita privata, Fede fu legato alla giornalista Diana de Feo, sposata nel 1965 e scomparsa nel 2021. Da lei ebbe le figlie Sveva e Simona, oggi unite nel ricordo del padre. Con Emilio Fede se ne va non solo un uomo di tv, ma anche un simbolo di un certo modo di fare giornalismo, diretto, personale, a volte discusso ma sempre presente. La sua voce resterà impressa nella memoria collettiva come testimonianza di un’epoca in cui il giornalismo televisivo era non soltanto informazione, ma spettacolo, opinione e, spesso, identità.

Il suo addio segna la fine di una stagione della televisione italiana, quella in cui il direttore del telegiornale era, nel bene e nel male, un volto familiare in tutte le case.