Licenziata grazie ai video: multa al Comune di Curtarolo per violazione privacy

Il Garante sanziona il Comune di Curtarolo: le riprese di telecamere e video privati non possono sostituire i controlli previsti dalla normativa sulle assenze per malattia.

curtarolo

Il rapporto tra pubbliche amministrazioni, monitoraggio del personale e tutela dei dati personali torna al centro dell’attenzione con la decisione del Garante che ha punito il Comune di Curtarolo (Padova) con una sanzione da 15mila euro. L’ente aveva licenziato una dipendente utilizzando immagini ottenute tramite videosorveglianza comunale e un video amatoriale realizzato da un collega. Per l’Autorità, quelle prove derivavano da trattamenti di dati non conformi al Gdpr e quindi non potevano essere utilizzate.

Le riprese usate come prova: perché non erano valide

Secondo la ricostruzione del Comune di Curtarolo, le immagini delle telecamere pubbliche, incrociate con i dati di accesso, avrebbero mostrato allontanamenti non giustificati della lavoratrice durante l’orario di servizio. Altre telecamere l’avevano poi immortalata mentre passeggiava vicino al municipio nel periodo in cui era in malattia, sebbene fuori dalle fasce di reperibilità.

A questo materiale si era aggiunto un video girato con uno smartphone da un dipendente e inoltrato tramite WhatsApp al telefono personale della sindaca. Il filmato mostrava la dipendente seduta al ristorante insieme a due colleghe, anch’esse in malattia, in un orario comunque non soggetto a controlli fiscali.

La posizione del Garante: strumenti sproporzionati e illegittimi

Il Comune aveva giustificato l’utilizzo di queste riprese richiamando esigenze di sicurezza e le funzioni di ufficiale di polizia giudiziaria del sindaco. Una tesi respinta dal Garante, che ha evidenziato diversi elementi critici:

  • assenza di una base giuridica adeguata per i trattamenti effettuati;

  • informativa inadeguata ai cittadini sull’uso delle telecamere;

  • mancanza di una valutazione d’impatto (DPIA), obbligatoria per sistemi di videosorveglianza di quel tipo;

  • sproporzione degli strumenti rispetto allo scopo dichiarato.

Particolarmente censurata l’acquisizione del video amatoriale: per verificare un’assenza per malattia — ha ricordato l’Autorità — esistono procedure ufficiali, come le visite fiscali, non riprese operate da privati né la circolazione di filmati su chat personali.

La sanzione e il monito per le amministrazioni pubbliche

La multa da 15mila euro arriva quindi come conseguenza dell’uso improprio delle immagini. Il caso, però, va oltre la vicenda disciplinare: il Garante ribadisce che i sistemi di videosorveglianza non sono strumenti di controllo a distanza dei dipendenti e che ogni trattamento di dati deve rispettare i principi di necessità, trasparenza e proporzionalità.

Un richiamo che potrebbe incidere profondamente sulle pratiche interne della PA e sulla gestione dei sistemi di monitoraggio.