Vincenzo D’Anna: petizione per dimissioni dopo le parole su Valentina Pitzalis

Il presidente dell’Ordine dei Biologi finisce al centro delle polemiche per una frase ritenuta offensiva verso la 42enne sarda, sopravvissuta a un tentato femminicidio. Online migliaia di firme chiedono la sua uscita di scena.

Valentina Pitzalis

In poche ore un commento apparso sotto un post dedicato a Valentina Pitzalis ha generato una reazione collettiva di sdegno. A scriverlo è stato Vincenzo D’Anna, presidente dell’Ordine dei Biologi italiani ed ex parlamentare. Ha risposto con una frase ritenuta di pessimo gusto e fortemente irrispettosa nei confronti della donna, sopravvissuta nel 2011 a un tentativo di femminicidio compiuto dal suo ex marito, Manuel Piredda.
Il dramma di Pitzalis è noto: l’ex coniuge appiccò un incendio con l’intento di ucciderla, rimanendo egli stesso vittima delle fiamme. Valentina, invece, sopravvisse ma riportò ustioni gravissime e mutilazioni permanenti, tra cui la perdita di una mano e danni irreversibili all’altra. La sua storia è diventata negli anni un simbolo del coraggio di chi affronta la violenza di genere. Oltre al lungo percorso di riabilitazione fisica e psicologica che ne consegue.

Nonostante ciò, sotto un contenuto social che parlava della sua vicenda, Vincenzo D’Anna ha scritto:

«Perché c’è a chi piace cruda e a chi cotta la moglie».

Una frase che ha immediatamente suscitato indignazione per la sua crudezza, per il tono apparentemente derisorio e per l’assoluta mancanza di tatto verso una donna che ha subito sofferenze indicibili.

Una mobilitazione crescente per Valentina Pitzalis: migliaia di firme contro il presidente dei Biologi

La reazione pubblica è stata immediata. Su Change.org è comparsa una petizione che chiede le dimissioni di D’Anna, definendo le sue dichiarazioni “inaccettabili” e “incompatibili con il ruolo che ricopre”. In poche ore il documento ha raccolto quasi duemila firme, con un ritmo che continua a crescere.
I promotori sottolineano come un rappresentante istituzionale debba incarnare valori di responsabilità, rispetto e consapevolezza, soprattutto in un periodo in cui la società sta chiedendo con sempre maggiore forza un impegno concreto contro la violenza sulle donne.

Nel testo della petizione si legge che le parole di D’Anna “ledono i diritti delle donne che hanno subito violenza” e che il loro peso è ancora più grave alla vigilia della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne. Per i firmatari, chiedere le sue dimissioni è un gesto necessario. Un modo per ribadire che le istituzioni non possono permettersi leggerezza o retorica bellicosa quando si parla di tragedie come quella vissuta da Pitzalis.
Gli autori ricordano inoltre come la vicenda di Valentina sia una rappresentazione estrema della brutalità che molte donne subiscono. Un simbolo che dovrebbe generare empatia e non essere oggetto di ironia o sarcasmo.

La difesa di D’Anna: “Un’ipotesi sarcastica fraintesa, mai voluto offendere”

Dopo la valanga di critiche, D’Anna ha pubblicato un comunicato sulla pagina ufficiale della Federazione Nazionale dell’Ordine dei Biologi. Nella nota sostiene che il suo intento non fosse quello di insultare la vittima e afferma di essere stato travisato.
Secondo la sua versione, la frase voleva essere una risposta “sarcastica e ipotetica” alla domanda che Pitzalis avrebbe posto, riferendosi idealmente a un dialogo immaginario con il suo aggressore. Una chiave di lettura che, tuttavia, non ha convinto. Il pubblico e i firmatari della petizione, hanno visto nelle sue spiegazioni un tentativo di minimizzare la gravità delle parole usate.

D’Anna ribadisce di essere vicino alla donna e chiede scusa direttamente a lei, pur dichiarando di non voler tendere la stessa mano “a chi specula senza sapere”. Ma la sua difesa non sembra aver placato l’ondata di critiche, anzi ha alimentato ulteriori discussioni sul ruolo e sulle responsabilità di chi guida un ordine professionale.

La replica di Valentina Pitzalis: “Non c’è nulla di ironico, quelle parole fanno male”

La risposta più significativa è arrivata proprio da Valentina Pitzalis, che ha spiegato ai quotidiani sardi di essere sempre stata una persona incline all’autoironia, ma che in quelle parole non ha trovato alcun tratto di umorismo.
Ha sottolineato come il rispetto passi anche dal linguaggio e come certe frasi possano colpire profondamente, soprattutto quando rivolte a chi da anni affronta un percorso di sofferenza, interventi chirurgici e battaglie giudiziarie per vedere riconosciuta la propria verità.

“Le parole possono ferire come il fuoco”, ha detto, ricordando quanto sia importante educare, soprattutto i giovani, alla consapevolezza e alla responsabilità del linguaggio. E ha aggiunto che il commento di D’Anna l’ha ferita nuovamente, evidenziando come certe uscite non possano essere liquidate come semplici “battute”.

Il nodo centrale: si può scherzare su chi ha conosciuto la violenza?

L’intera vicenda riaccende un dibattito profondo: è mai accettabile usare sarcasmo su una persona sopravvissuta a una tragedia? Può un rappresentante istituzionale permettersi leggerezza su un tema così doloroso e ancora oggi drammaticamente attuale?
La maggior parte delle reazioni va nella stessa direzione: chi ricopre ruoli di vertice non può ignorare il peso delle proprie parole. Commenti di questo genere non solo feriscono la vittima, ma rischiano di indebolire la fiducia nelle istituzioni, specie quando si parla di figure che dovrebbero rappresentare equilibrio, serietà ed etica.